Sulmona,8 gennaio- Trovarsi a leggere, “esistono solo donne di sangue, come me”, potrebbe legittimamente indurre a chiedersi, se realmente è così e soprattutto che fine abbiano fatto le donne con altre vocazioni. Ogni supposizione decade se a esternare questa ruvidità è Gaia, protagonista di L’acqua del lago non è mai dolce.
Giulia Caminito possiede l’abilità di rovesciare i tratti spessi e sfacciati dei suoi personaggi, sin dalle prime battute, nella sfera del lettore.
Gaia si ritrova Antonia per madre, questo non lo asseriscono solo i capelli rossi di entrambe, lo urlano ai quattro venti le innumerevoli battaglie che ognuna detiene contro l’altra. A voler elencare ciò che le accomuna si fa presto, pareti di case misere, testardaggine, necessità, della “padrona”, di imporre zaini del fratello, la condizione di doverli usare della vessata. Non si può sperperare, si deve stare nei margini, senza faticare non si cresce!
Nella casa di Antonia Colombo ti viene assegnato uno spazio ed in quello devi vivere, così nessuno potrà darti calci, fosse pure quello spazio uno scatolone.
Le figlie femmine devono studiare…
…leggere, compulsivamente senza possibilità di tregua…
Gaia, i gemelli e Mariano non hanno molte scelte o quella minestra o quella finestra! Mariano opta per la finestra, Gaia sceglie la minestra e questa sarà sempre bollente, aspra ed indigesta. Destinata ad essere ingombro in casa, a non avere vita propria. La vita deve passare solo attraverso l’esistenza di Antonia, è lei la cuoca di ogni pietanza e la quotidianità serve portate incomprensibili ed ingiuste. Finanche il giorno in cui Massimo, il capofamiglia, cade rovinosamente, Antonia esige attenzione ed impone il suo piano di difesa ai figli…
…eravamo fatti a briciole, eravamo bambini, eravamo senza giochi e senza casa, ma eravamo attenti…
Tanto di quel che si legge, seppur scritto magistralmente, sconvolge e crea dispiacere. Ci si trova a tifare per questa giovane e ribelle “rossa”, che è avversa in casa propria, che è capace di picchiare, di maltrattare, di prendere a baci, di incendiare e di tentare di assassinare. Il passo dei ricchi, le loro ipocrisie Gaia, Cristiano e quelli come loro, le sfiorano, le masticano e le rigettano cospargendole di benzina.
La morte e la malattia inseguono, avvinghiano questa figlia ribelle e studiosa, questa amica e fidanzata che non perdona, che si vendica, per la quale la parola “ti amo”, si consuma se la ripeti, smoccola e sporca il pavimento. D’altronde è figlia di chi crede che se prendi nove al compito d’italiano, ma lo fai usando parole che denunciano malevolenze o raccontano meschinità generi ferita e non orgoglio.
Giulia Caminito detiene uno stile che intaglia le vite dei tanti personaggi, di L’acqua del lago non è mai dolce, prepara il lettore passo dopo passo a pezzi forti, non vuole attutire il colpo, vuole menti e cuori consapevoli di cosa può accadere nelle famiglie che lottano per un tozzo di pane, di padri costretti a lavorare in nero e in cantieri non in regola che finiscono per costringere su una sedia a rotelle. Si deve sapere che si resta soli, soli a guardare le pareti di una casa spoglia e quando arriva una tv a farti compagnia, è di seconda mano e tanto per cambiare se l’è procurata Antonia. Antonia lavora, Antonia sfama, Antonia esige, Antonia si erge, si oppone, si allontana, giudica e non incoraggia, mortifica ed evidenzia i sogni che s’infrangono come onde sugli scogli. Questo è parte di quello che porta Gaia a credere che questo mondo non disponga di nulla per lei, pur esistendo si sente un essere mancato.
Una vita consumata intorno ad un lago, luogo preposto agli incontri e agli allontanamenti, dove è più facile credere che le persone “sbagliate” sono felici perché si incontrano.
Tanto buio, tanta forza e tanta avversità aiutano a generare anticorpi resistenti e intraprendenti…
…io posso agire ed essere ogni cosa…
Questa incantevole, fatica letteraria, di Giulia Caminito, dove la narrazione di ogni capitolo pare iniziare improvvisa e leggera, eppure accatasta. Accatasta a tante verità, primeggia quella per cui con ogni azione si costruisce la successiva, nulla è distinto, cosa genera cosa.
Ad un certo punto, quasi per logica conseguenza scende il silenzio, ognuna conserva dell’altra il ricordo che vuole. Il lago nasconde e restituisce, il lago muta nel silenzio, il lago conduce a danze, ospita cigni forestieri, ma non è in grado di accogliere, di accogliere realmente. La migrazione resta l’unica via. Si migra dagli affetti, dagli errori, dalle case, dai proposti scritti e mai applicati, dagli amici e dai letti consumati dal sesso, dalle lotte, dalle ferite, dai tentati omicidi, si finisce per migrare da sé stessi, perché forse non si è mai sé stessi fino in fondo, si è il prodotto delle privazioni che la vita riserva.
Madre e figlia, figlia e madre non dovrebbero credere che il contrastarsi sia più facile dell’amarsi!
Cesira Donatelli
L’ACQUA DEL LAGO NON È mai DOLCE – Giulia Caminito
(Edito Bompiani)
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