Sulmona, 27 gennaio- Correva l’anno 2018 quando nel corso di una seduta del Consiglio comunale di Sulmona avvenne un episodio spiacevole che avvelenò il dibattito politico dei mesi e anni successivi. In un clima di forti tensioni e polemiche il Consigliere comunale Bruno Di Masci rivolse in alla Consigliera Roberta Salvati degli apprezzamenti personali che fecero molto scalpore anche sul piano mediatico.
La vicenda, com’era logico, finì successivamente nelle Aule del Tribunale. Eppure sono passati cinque anni e lo sbocco della vicenda ancora si trova. Ieri c’è stata una nuova udienza mentre la prossima è in programma per il 22 giugno. Roberta Salvati ha ricostruito la sua posizione e le ragioni che porta avanti per chiedere giustizia sull’accaduto. Lo ha fatto con una lunga lettera che pubblichiamo di seguito Come finirà questa brutta storia ? Francamente non sappiamo, né ci interessa prevederlo. Di certo in questa vicenda, alla fine, avrà perso di sicuro la nostra città che pure vanta in politica nobili e prestigiose tradizioni. Scrive Roberta Salvati
Oggi ( ieri ndr) si è svolta l’ennesima udienza sulle offese rivoltemi nel 2018 dal Signor Di Masci Bruno. Continua questa brutta storia. Durante il dibattimento presso il Giudice di Pace di Sulmona ho assistito alle dichiarazioni rilasciate da Di Masci. Lui, nell’affermare di aver utilizzato quei termini in chiave meramente politica, ha dichiarato di avermi addirittura chiesto scusa in più occasioni, ebbene, ad onor del vero, la prima reazione di Di Masci è stata quella di sporgere querela nei miei confronti per il mio successivo intervento in Consiglio Comunale, dove ho difeso la mia integrità di donna, di madre, nonché la reputazione della mia famiglia, stigmatizzando e rendendo noto l’accaduto, ovvero le sue affermazioni.
La sua denuncia-querela, ad ogni modo, non ha sortito gli effetti sperati, perché il GIP del Tribunale di Sulmona, chiamato a valutare il contegno da me tenuto durante la seduta del Consiglio Comunale del settembre 2018, si è così pronunciato “…l’espressione utilizzata e la diffusione a più persone del video è fatto ingiusto idoneo a ritenere la fattispecie della “provocazione” “…..occorre sottolineare che l’espressione utilizzata dal Di Masci non può in alcun modo essere interpretata come una critica all’operato politico della Salvati e, in ogni caso supera il necessario contegno linguistico tipico del diritto di critica”.
Solo dopo qualche anno, allorché il procedimento a mio carico era stato archiviato ed il suo, invece, stava proseguendo nella fase dibattimentale, su insistenza del Giudice di Pace di Sulmona, Di Masci, sia pure con atteggiamento riluttante, ha esternato delle scuse (“Se proprio devo…..” ebbe a dichiarare in udienza…).
La strategia difensiva di Di Masci è quella di minimizzare, asserendo che nel contesto politico di Sulmona il termine “zoccola” sia di uso comune, venendo largamente utilizzato, non solo da lui dunque. Personalmente non ho mai sentito utilizzare detto termine, se non nei miei riguardi nel 2018, e mi rifiuto categoricamente di credere che a Sulmona, in politica, sia consuetudine utilizzare certi appellativi così volgari e screditanti sul piano personale.
La verità è che Di Masci alla presenza di decine di persone mi ha screditata come persona senza alcuna remora e pentimento, infangando la mia integrità. Continuo ad essere molto amareggiata, soprattutto per via delle supposizioni fatte sul mio conto, finanche in data odierna e nella sede giudiziaria; secondo il Di Masci, infatti, io sarei da considerare come una persona disposta a fare carriera politica “a discapito di altri”. Dopo cinque anni, pertanto, nessuna scusa sincera, nessun pentimento, solo un voler minimizzare la gravità di certe affermazioni, rincarando nel contempo la dose ed alimentando ulteriore pregiudizio nei miei confronti.
Se sono qui ancora oggi a denunciare questi comportamenti, non è solo per rendere giustizia alla mia persona ed alla mia famiglia, ma anche perché auspico che mai più nessuno debba essere etichettato con termini simili. Tengo molto alla mia città, il che mi porta infine a sottolineare di non voler accettare che la dialettica politica del contesto cittadino possa essere per tal modo svilita. Per me la politica è altra cosa, si ispira a valori più alti e richiede un rispettoso confronto su temi attuali e concreti. Mi auguro che possiate comprendere le ragioni del mio sfogo, necessitato da una gogna mediatica alla quale io e la mia famiglia siamo esposti da ben 5 anni.
Il prossimo 22 giugno, data a cui è stato rinviato il processo che attualmente vede imputato il Di Masci (per la querela che, in questo caso, io ho avanzato contro di lui) sarà il Giudice di Pace di Sulmona a doversi pronunciare sulla questione, valutando se giudicare l’imputato colpevole o innocente rispetto all’accusa di diffamazione per avermi dato pubblicamente della “zoccola”.
La verità processuale (che farà seguito a quella già accertata dal GiP del Tribunale di Sulmona) la conosceremo dunque molto presto, ma di una cosa sono certa: questa triste vicenda non mi impedirà nel frattempo di continuare a coltivare e diffondere i valori in cui credo, a partire dal rispetto dell’avversario politico (avversario, non nemico).
Roberta Salvati
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