Sulmona, 23 febbraio- Con una lunga lettera inviata al Ministro della Giustizia, al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, al Presidente della Regione, al Prefetto della Provincia dell’Aquila e tanti altri i rappresentanti delle Organizzazioni sindacali Sappe, Osapp, Sinappe. UilPaPp, Cisl Fns, Uspp, Cgil Fp “si dicono estremamente allarmate per ciò che sta accadendo presso la Casa Reclusione di Sulmona.
Non si contano più le aggressioni sia verbali che fisiche subìte dal personale e le forme di prevaricazione da parte dei detenuti nei confronti del personale penitenziario e sanitario (l’ultimo nella giornata di ieri)
Negli ultimi tempi stanno accadendo cose che il carcere peligno, se si fa la debita eccezione al caso di “ammutinamento” posto in essere degli internati avvenuto nel lontano 1994, non ha mai sperimentato nella sua storia. Troppi gli eventi critici di rilievo che stanno caratterizzando il vissuto degli operatori ivi prestanti servizio.
Pochissima l’attenzione- si legge nel documento– che potremmo tranquillamente relegarla al nulla, prestata dai Superiori Uffici per dirimerne i contenuti e, soprattutto gli effetti. Anzi forte sarebbe una politica adottata dalla Direzione Generale dei detenuti e del Trattamento, che sarebbe un eufemismo definirla assurda e che sta facendo del carcere peligno un lontano parente, inteso in senso negativo, dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Troppi sono, infatti, i detenuti che negli ultimi tempi sono stati assegnati all’Istituto di Sulmona (4 addirittura negli ultimi giorni) affetti da patologie psichiatriche e che si sono andati a sommare ai già 173 psicoattivi usufruitori ordinari di psicoterapia. Solo che queste persone non possono essere curate facendo perno sul fatto che in Istituto agisce in convenzione un solo Psichiatra e nulla più. Non vi è, infatti, personale come nel caso degli OO.PP.GG. ( di qui la locuzione “lontano parente”) formato per gestirli così come non vi è una logistica idonea a contenerli. Il clima anche e soprattutto per questo motivo sta diventando sempre più incandescente.
Le richieste di trasferimento dei detenuti riottosi in altro istituto, avanzate negli ultimi mesi, sono rimaste lettera morta e con essa crediamo resteranno morte le speranze di chi credeva di poter contare sul supporto dei dirigenti romani ma che evidentemente dovrà maledettamente rinunciarvici. Eppure ci chiediamo che fine abbiano fatte le indicazioni della circolare DAP 316870.U laddove evidenzia che gli eventi critici di cui sopra vengono consumate da detenuti con seri e gravi profili psicologici e psichiatrici , meritevoli di cure e trattamenti terapeutici che sovente gli ambienti penitenziari non riescono a garantire, anche per le condizioni logistiche degli immobili di custodia che come nel caso di Sulmona sono sprovvisti delle sezioni osservazione?
Ci si chiede se, così come riportato nella suddetta circolare, sia stata mai fatta un’attenta riflessione su tale problematica che avrebbe già da tempo dovuto suggerire di coinvolgere, nell’analisi e nell’individuazione delle soluzioni, il partner pubblico regionale, deputato a garantire adeguati percorsi trattamentali e curativi a favore dei detenuti cc.dd. “psichiatrici”?
Ci si chiede ancora se siano mai stati attivati quei tavoli di lavoro e di concertazione con le Autorità sanitarie locali atteso che più che vederlo deflazionarsi il carcere di Sulmona si stia sempre più ed eccessivamente affollando di detenuti con patologie croniche e in particolar modo i detenuti psicolabili.
L’Amministrazione dovrebbe farsi garante delle condizioni di legalità e di sicurezza, difendendo il suo ruolo di presidio di tutela dell’incolumità personale di tutti coloro che, a vario titolo, prestano la propria attività lavorativa o professionale all’interno degli istituti di pena o che, come i detenuti, occupano spazi detentivi.
Le organizzazioni sindacali dicono basta a questo disastro e chiedono:
- di essere messi a conoscenza degli eventuali “accordi” intercorsi tra l’Amministrazione Penitenziaria e la ASL1 L’Aquila-Avezzano- Sulmona come articolazione del Potere Pubblico Regionale;
- qualora tale interlocuzione ci fosse stata il motivo della mancata assistenza a centinaia di soggetti fragili, mancanza che risalterebbe l’irresponsabilità proprio di quel Potere Pubblico Regionale deputato a questo;
- qualora invece la su esposta interlocuzione non ci fosse stata cosa spinge l’Amministrazione Penitenziaria ad ammassare nel carcere peligno detenuti corredati di diari clinici di drammatica portata il che si tradurrebbe nello scaricare malati gravi su una sanità provinciale e regionale già di per sé posta al limite della sopportazione in termini di capacità di assistenza.
I cittadini, ancor prima che le autorità territoriali quali il Sindaco, il Prefetto e, non ultima, la Polizia Penitenziaria hanno diritto di conoscere”.