Sulmona,26 febbraio – Prima di giudicare i comportamenti o la vita di qualcuno è necessario indossarne le scarpe e percorrerne gli stessi giorni. Leggendo Dispassione, tale consiglio diventa solido, si cementifica nell’agire del lettore.
Fiamma è una donna a dir poco strana, indifferente, egoista, ma guerriera a suo modo. Una protagonista fuori da ogni canone di classificazione, indomabile nella sua volontà di arrendersi alla vita che le scorre tutto intorno. Stare dietro ai suoi gesti e pensieri significa dare di matto, è nella perenne condizione di non fare niente, monotona e maniaca dei numeri, possibilmente multipli del cinque, ne associa uno ad ogni concetto, ad ogni iniziativa.
Maria Laura Rosati punta su una donna eccezionale per raccontare una storia che a tratti sfiora l’esoterico e nel complesso affonda le radici nel dolore che può causare un incidente. Un incidente in grado di decretare la morte affettiva ed emotiva di una madre.
Fiamma è completamente satura, lacerata dalle apparenze e delle formalità…
… che dimentico anche di mentire, le bugie sono per chi ha la mente sana ed organizzata, non per chi ce l’ha bucata, come me.
In questo romanzo il tempo riesce ad essere amico e nemico, gioca sporco per poi tornare a fare gioco di squadra e per bocca della stessa Fiamma imprime nel lettore il concetto per cui tutto va vissuto, ogni attimo va succhiato come fosse midollo adibito a nutrimento, il non vissuto viene portato via, estirpato. Il tempo è in agguato e laddove non si sente rispettato e praticato presenta il conto.
L’autrice ci mostra una madre che si vanta di non cadere nelle trappole del Natale, seppur continuamente parla con sua figlia Pia dicendole:
”figlia mia aspettami sto arrivando”.
Il Natale è di per sé la festa delle famiglie e della condivisione, ed è qui che scatta il non normale, figlio dell’abile penna della tessitrice di questa favola che è giallo, narrativa e poesia.
Efficace l’importanza della lettura e dell’arte figurativa all’interno di Dispassione, quando si annaspa l’arte diventa parola, si fa mezzo, non importa se il bandolo della matassa sembra infittirsi, la bellezza porterà verso gli altri, dinnanzi ad un quadro si può tentare la strada, si può ritrovare una figlia.
Nei dialoghi ci si adopera per combattere il disuso delle parole, perché parlare è clorofilla per la sopravvivenza. Fra l’altro si parla di pazzia o la si lascia aleggiare negli ambienti…
Forse è vero sono pazza, ma solo i pazzi ci credono, solo i folli ci arrivano, perché per loro niente è impossibile…non hanno la razionalità che imbriglia la magia…
Leggendo ci si orienta a pensieri evangelici, la conferma arriva verso la fine dell’opera, con l’incitamento a dar seguito all’intenzione, perché ella muove le montagne.
Si può finire nella tana del coniglio e si può smarrire la luce, rifugiarsi in un mondo fatto di chiusure e muri può dare apparente sollievo, lo scatto in avanti lo conia la Dispassione, la non passione per ciò che è zavorra.
Maria Laura Rosati affronta tematiche di sensibilità non comune, il dolore viene indagato più e più volte, mai tralascia di ribadire che in ogni tempo e in ogni luogo lo scopo è solo l’amore, tanto da giustificare i mezzi e i modi di tutti i protagonisti, tutti agiscono ed escogitano a fin di bene per mezzo dell’amore provato. D’altronde nulla può esistere se non è tangibile il suo contrario.
In Dispassione il bosco è il luogo dove ci si smarrisce, il posto buio, il posto senza musica, ma chi trova il coraggio di attraversare il bosco torna a toccarsi, a sentirsi, riesce a piangere, vive nel giorno, torna ad amare la natura, ne apprezza i suoni e le voci.
Un mondo privo di boschi non è concepibile, una vita senza buio è invivibile!
Cesira Donatelli
DISPASSIONE di Maria Laura Rosati
( EditoLiberilibri )