Una pubblicazione che sta stimolando attente e puntuali riflessioni attorno alla figura della persona umana, ma soprattutto al rapporto fra generazioni (giovani e anziani oppure bambino-adulto) in una società complessa come quella che stiamo vivendo. E poi il concetto della territorialità e della comunità locale dove nascono sogni e speranze di ciascuno per costruire un mondo migliore e soprattutto una società più attenta capace di guidare il cambiamento che tutti auspichiamo-
Sulmona, 27 marzo– È sbocciata la primavera a Bugnara. Nella giornata di sabato 25 marzo è stato presentato presso il Centro Congressi del paese il libro “Il Dubbio” di Enea di Ianni, nell’ambito della “Primavera dei libri 2023”. L’evento è stato curato interamente dal Centro Studi e Ricerche “Nino Ruscitti”. Alla presentazione hanno preso parte l’autore e Dirigente Scolastico prof. Enea di Ianni, oltre all’editore Simone Lupi, alla pedagogista Gina Romagnoli e al docente Daniele Rossi. Ha moderato il dibattito il Presidente del Centro Studi Matteo Servilio.
Tema del convegno il confronto tra due generazioni diverse, ma anche il rapporto tra passato e presente. Inoltre spazio ai tanti ricordi che appartengono al vissuto dell’autore. In particolare quelli legati alla sua lunga carriera di Dirigente Scolastico e all’infanzia trascorsa a Villalago, con aneddoti legati a questa piccola realtà della Valle del Sagittario.
Nel corso del mio intervento ho posto l’accento sull’idea di territorialità che l’opera riesce ad esprimere. Nella letteratura sono le storie a delineare il profilo di un autore. In Enea Di Ianni storia individuale e storia collettiva vanno a fondersi. Nel libro il dubbio rappresenta un grande sfondo integratore, capace di sedimentare le esperienze dell’autore. L’aspetto territoriale ci porta ad una dimensione antropologica: nella storia l’esistenza umana è stata sempre spazializzata. Si è creato da sempre un rapporto profondo tra l’uomo e il suo spazio. L’idea di spazio che ci consegna Di Ianni è quella legata ad una realtà locale, all’idea di paese. Che va inevitabilmente a coincidere con Villalago. Ma non solo perché si tratta del paese natale dell’autore. È soprattutto perché questa realtà riesce ad incarnare come nessun’altra il senso di comunità. Infatti solo i gruppi fondati su legami solidi e profondi hanno il privilegio di essere comunità. Oltre alla dimensione comunitaria, la Villalago di un tempo era un contesto caratterizzato anche dalla cultura popolare e contadina. Era una realtà dove emergeva l’autenticità dei rapporti umani. Una componente lontana anni luce dal contrattualismo di oggi. E che riusciva a realizzare quella naturale co-costruzione dei significati. La cultura contadina era caratterizzata dalla ripetizione. Una caratteristica peculiare che andava a rafforzare il gesto quotidiano, così come il rito. È proprio la ricorsività a consolidare la tradizione.
A darle quella forza capace di farla resistere anche al tempo che passa e che le ha consentito di tramandarsi di generazione in generazione. Oggi siamo entrati nell’era del post-umanesimo. L’uomo per esprimersi ha bisogno dell’altro e la persona si configura così come essere in relazione. Questo perché siamo usciti completamente dalla visione positivista e antropocentrica, all’interno della quale l’uomo da solo riusciva ad autoaffermarsi. La relazione è riuscita ad entrare anche all’interno delle logiche che regolano il mercato economico. È il concetto del cosiddetto bilancio dell’intangibile. All’interno del capitale di conoscenza entrano in gioco componenti non misurabili, come la capacità organizzativa e la capacità relazionale. Ma la vera innovazione dell’opera risiede nella costruzione dello spazio simbolico, sempre nell’ambito dell’idea di territorialità. Quello che ci consegna Di Ianni è uno spazio che non conosce coordinate geografiche, che travalica ogni confine. È lo spazio dell’educazione. Che va a realizzarsi attraverso la de-contestualizzazione. Per dare vita ad una nuova forma di educazione, che esula dalla visone centralista e diventa così continua e totalizzante. Riuscendo a toccare indistintamente i più piccoli e i più grandi. Altri aspetti peculiari sono la scomposizione delle esperienze, la forte prevalenza del linguaggio verbale, quindi l’oralità e la capacità di raccontare storie. Inoltre emerge anche un’identificazione proiettiva del bambino, con un modellamento rispetto all’adulto significativo. Dunque in questo senso scompare la linea di demarcazione tra educazione formale ed educazione non formale. Che caratterizza soprattutto l’istituzione scolastica.
Un’istituzione a cui Enea Di Ianni ha saputo dare così tanto nel corso della sua lunga carriera e continua a dare altrettanto ancora oggi, nell’ambito dell’associazionismo. Sempre restando in ambito scolastico, la de-contestualizzazione va applicata anche alla didattica. Affinché questa azione riesca ad oltrepassare le mura dell’aula scolastica, arrivando all’interno del territorio di riferimento per ottenere dei risultati tangibili. In tal senso si riconfigurano anche i contorni della pedagogia. Che diventa una scienza più matura e consapevole, capace di guardarsi dentro e porsi degli interrogativi attraverso il dubbio. I nuovi processi educativi che si vengono a formare riescono così anche a dare delle risposte alle tante emergenze educative, relative al moderno concetto di territorialità. Lo spazio moderno coincide con l’idea di città. Uno spazio denso di contraddizioni. E che è dicotomico rispetto all’idea di paese costruita dall’autore all’interno dell’opera. Infatti la città è il luogo dell’isolamento, di quella frammentarietà che è un carattere distintivo della post-modernità. Le città di oggi sono quelle che Marc Augè definirebbe “non luoghi”. Alla luce di tutto questo c’è bisogno di un’educazione all’incertezza e al cambiamento. Infatti all’interno del tessuto sociale si riscontra la marcata presenza dell’attualismo perpetuo. Si è portati a credere in maniera illusoria che tutto possa scorrere in maniera lineare e senza increspature. Invece il recente passato ci insegna che le cose sono andate in maniera diversa: la società complessa in cui viviamo è il frutto di tanti cambiamenti, che si sono succeduti in maniera anche piuttosto repentina. Quella moderna è un’educazione che vuole proiettarsi sempre più verso il futuro. E valicare così le nuove frontiere della conoscenza. Ma vuole soprattutto andare a riconquistare il territorio più importante, quello della persona.
Daniele Rossi
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