“Il Primo Maggio è un giorno perfetto per fondare una Nazione. Quando se non quel giorno?” da Il Romanzo di una Nazione di Maurizio Maggiani.
Sulmona, 1 maggio- Festeggiamo quest’anno il Primo Maggio nel 75° anniversario della Costituzione Italiana; lo facciamo come abbiamo sempre fatto: confermando la nostra totale adesione ai principi e valori della Resistenza italiana e della lotta di Liberazione. Principi e valori dai quali nasce la nostra Carta Costituzionale e che i padri e le madri costituenti posero a fondamenta del vivere comune. Principi che ci consegnano l’impegno di difenderne Valore Ed Importanza.
Lavoro, Uguaglianza, Solidarietà, Partecipazione, Giustizia Sociale, Antifascismo, Democrazia, Libertà, Pace e Universalità dei Diritti sono le direttrici da seguire per costruire il cambiamento e per riconsegnare dignità alle persone. Lo erano 75 anni fa e lo sono ancora oggi, anche con maggior urgenza.
Lelio Basso in Assemblea Costituente dichiarò “che la democrazia si difende non cercando di impedire o di ostacolare l’attività dei poteri dello stato, ma al contrario, facendo partecipare tutti i cittadini alla vita dello stato. Solo se noi otterremo che tutti siano effettivamente messi in condizione di partecipare alla gestione economica e sociale della vita collettiva, noi realizzeremo veramente una democrazia”. Partecipazione ed Uguaglianza sono principi che entrano nella nostra Carta Costituzionale come rivoluzione del sistema giuridico, sancendo una realtà non immobile e predisponendo gli strumenti pubblici al cambiamento. L’art. 3 della Costituzione, definito “capolavoro istituzionale” da Stefano Rodotà, afferma che non sarà possibile realizzare l’uguaglianza se lo Stato non si farà carico di rimuovere gli ostacoli che nella realtà impediscono questa sostanziale uguaglianza. Lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, deve agire con l’obiettivo di affermare prioritariamente la dignità della persona.
Una dignità che si consegue con il lavoro, con l’istruzione universale e permanente, con la tutela della salute, con l’erogazione di risorse a chi non ha lavoro, con la tutela dell’ambiente e la conservazione dei beni pubblici. La volontà espressa dai e dalle costituenti sembra lontana dalla sua realizzazione; anzi, al contrario, la realizzazione del diritto all’uguaglianza rischia di essere definitivamente compromessa dall’introduzione nel nostro ordinamento dell’autonomia differenziata che frammenterà ancor più il nostro Paese ed aumenterà le disuguaglianze. La solitudine, le disuguaglianze, di qualsiasi natura siano, la precarietà di vita e di lavoro, la disoccupazione, la povertà, l’emarginazione sono ancora lì ed aumentano a dimostrare che la realizzazione dei principi costituzionali necessita di un impegno maggiore di quello speso finora, di un rinnovato sforzo collettivo che tenda al cambiamento, anche attraverso la mobilitazione e la lotta.
Può sembrare strano partire dalla Costituzione per parlare di lavoro, ma solo dalla Costituzione possiamo partire, prendendo a spunto le parole di Piero Calamandrei: “fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e studiare e trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale”.
La Carta Costituzionale del 1948 diventa, pertanto, la molla che attribuisce fondamento giuridico alle lotte sociali, alle rivendicazioni di lavoratori e lavoratrici, di deboli ed oppressi; di tutta quella classe subalterna che cerca riscatto modificando gli equilibri esistenti, attraverso il cambiamento dei rapporti di forza all’interno della società.
Proprio oggi è necessario riaffermare il valore del Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori che si richiama alle lotte operaie e contadine per i diritti, per l’emancipazione, per la libertà e l’uguaglianza. È un momento di comunanza di intenti che appartiene alla classe delle lavoratrici e dei lavoratori. Proprio oggi è necessario riconsegnare centralità al lavoro, ai suoi diritti, alla dignità di chi attraverso il lavoro salariato può riscattare la propria vita e quella delle future generazioni. Il lavoro inteso come collante solidaristico tra una moltitudine di soggetti che si contrappongono al profitto, collocandosi al fianco degli sfruttati contro gli sfruttatori, vicini agli oppressi e contro gli oppressori.
La precarietà, la povertà lavorativa, lo sfruttamento, minano il valore lavoro, producono contraddizioni e contrapposizioni, soffocano la grande aspirazione alla dignità umana, tradendo ancora una volta gli alti principi costituzionali. La precarietà è divenuta la forma patologica del lavoro nel nostro secolo, producendo ed aumentando disuguaglianze e povertà. Per queste ragioni è necessario riaffermare che l’unica forma contrattuale deve tornare ad essere quella di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che garantisca un giusto salario, sicurezza e libertà in tutti i luoghi in cui si svolge.
È necessario riaprire una vera discussione e mobilitazione sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario affinché si possano costruire le condizioni necessarie per estendere i diritti e per sostenere le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Se non ora quando? Se non il Primo Maggio, con la sua storia e le sue rivendicazioni, quando?
La povertà va contrastata sostenendo le persone, consegnando loro un reddito che possa garantire un’esistenza libera e dignitosa.La retorica del lavoro che c’è manifesta tutta la distanza di una certa teoria economica e politica dalla realtà fattuale del nostro tempo. È necessario combattere la povertà e non i poveri, ma per fare questo bisogna conoscere le loro condizioni, comprenderne le motivazioni ed impegnarsi per rimuoverle. Rimanendo e entrando con forza, se necessario, nel perimetro di un alto principio di solidarietà e di senso di appartenenza alla comunità.
Anche in questo Primo Maggio non possiamo non pensare alla guerra in Ucraina e alle tante guerre che si stanno consumando in questo momento. Tutte rappresentano una immane tragedia, in termini di lutti e sacrifici umani, ciò che il lavoro costruisce la guerra distrugge. Riteniamo necessario ripensare definitivamente l’incessante corsa agli armamenti. Le ingenti risorse finanziarie per le armi devono essere investite per migliorare le condizioni materiali delle persone, il fine di uno Stato non può essere la guerra ma il benessere delle comunità.
E come tradizione vuole “W IL PRIMO MAGGIO”, che ci consente, con coerenza ideologica e programmatica, di continuare a pensare che la costruzione di un mondo di pace necessita di tutta la forza storica e della capacità di mobilitazione del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici. Solo dal movimento dei lavoratori e delle lavoratrici possiamo sperare nella costruzione di un mondo migliore. Solo tornando a concepire il senso collettivo del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici si otterrà una vera dignità sociale. Ci è stato ricordato sabato a Pescina nel corso dell’iniziativa Percorsi di Memoria, parlando delle lotte del Fucino: chi quelle lotte le ha vissute ha affermato un fatto irrinunciabile: se ai lavoratori e alle lavoratrici in lotta la Comunità non fa mancare la sua forza e il suo sostegno, la vittoria è certa e la sua ricaduta universale.
Sergio Marrelli
Segretario Generale della Cgil Provincia dell’Aquila