Sulmona, 12 novembre– L’apri fila e il chiudi fila nell’ambiente scolastico, spesso, identificano gli alunni più coraggiosi, i più determinati, i più esposti, nonché i depositari della fiducia del resto della classe. Nella vita di tutti i giorni questo concetto subisce modifiche consistenti, tralasciando esistenze ai bordi delle strade. I riconoscimenti e le attenzioni spettano solo ai numeri uno. Davanti a questo marcato tracciato sociale, gli ultimi che altro non sono che i sensibili, i sognatori, gli identitari e i ribelli, vengono conferiti in un calderone di comodo, come fossero meno pregiati. La superficialità e l’incompetenza portano a compiere errori madornali, un tale agire ne è la conferma.
In Radici di terra e di mare, Barbara De Filippis, tratta spesso degli ultimi, degli imperfetti, dei semplici e con totale compiacimento del lettore dei non omologati, degli originali. Le danze vanno aperte per musiche differenti, per melodie che ambiscono al miglioramento, alla ricerca di sé stessi e al conseguimento di una vita non purché sia, ma purché rimetta al mondo.
Azzardato e presuntuoso pensare di poter stilare un decalogo di ciò che è giusto o corretto, a discapito delle emozioni autentiche e dell’agire spontaneo. Nei taglienti racconti che popolano Radici di terra e di mare, seppur fra sofferenze, abbandoni e capovolgimenti, l’esortazione è sempre indirizzata a non continuare a sottostare.
Certuni racconti scuotono perché trattano di un tempo sospeso, dove lo spazio per i sentimenti non è contemplato e dove l’autrice si evidenzia per capacità di distacco e narrazione pungente, in taluni altri, l’autrice, si lascia prendere la mano dalle bellezze della natura, rendendola quasi protagonista assoluta. Ne descrive colori e suoni come se stesse allestendo raffigurazioni delle quattro stagioni. Tanto sentita la presenza della natura che pare influenzare l’agire delle protagoniste. Non si tralasci di precisare che la maggior parte dei personaggi sono donne, donne di ogni età, di ogni estrazione sociale. La condizione economica è componente e impedimento in molti casi, in mestieri che sopravvivono male nella competizione con la modernità, con la globalizzazione che inficia la soggettività. Mestieri e arti che avrebbero tanto da dire e da instillare…
…la semina in file permetteva di sfruttare lo spazio a tal punto da non lasciarne a disposizione per le piante infestanti. Tutto era profitto…
Se incombe un futuro incerto si tralascia il tempo e lo spazio per coltivare l’animo e si finisce per mettere a coltura solo garanzie materiali, accettando le crude conseguenze.
Nulla tralascia Barbara De Filippis, la sua penna pur circumnavigando i vari continenti torna sempre a scrivere di chi conosce più la crosta rafferma, che il pane fresco. Di donne considerate serve dai propri padri, di donne che vivono condizioni di differenza e di sudditanza in ogni fase della loro vita. Di donne costrette a tacere il loro amore per il sesso, come fosse un peccato capitale. La scommessa dell’autrice passa per il portare forme di gentilezza e di raffinatezza fra cataste di rigidità e di freddezza. I racconti di Barbara de Filippis insegnano che non è mai tardi per dire Ti Amo…
…Serenella, sono venuto a dirti che ti amo, forse non te l’ho detto quella sera, non lo ricordo. Per questo non sei tornata?…Se non ho fatto in tempo, pensa potrei recuperare adesso e restare qui con te…
L’attualità e l’essere sul pezzo delle malelingue, purtroppo sorprende poco e pochi, seppur crea disgusto e consapevolezza della fragilità delle società e dei paesi.
Radici di terra e di mare indaga le famiglie, i loro limiti, i loro potenziali, rivelandone l’espresso male o il non espresso. Spesso la cura è la forza che la stessa lettura sprigiona, aizzando e fomentando verso reazioni e tentativi nuovi. Lo stile narrativo di Barbara de Filippis ha l’ardore e la competenza per creare sinergie migliorative tra la crudeltà raccontata e le emozioni che la vita riesce a coniare pur in ambienti avversi e in terreni sterili. Il cielo e la terra riescono a garantire il sole e il raccolto, nonostante il resto.
Alcune vicende esortano a lasciare andare, a mollare la presa. Il distacco può includere dolore e pianto, se elaborato con gli strumenti giusti può mutare a rinascita per ognuno dei coinvolti, il silenzio costringe, il dialogo crea varchi e pertugi.
Ventidue differenti racconti, che poco hanno in comune, ma che tanto del comune hanno da dire, da denunziare, da sbandierare e da sdoganare. Perché il miracolo avvenga, perché lo sguardo non continui ad essere basso e lasso è obbligatorio esserci, senza nascondersi dietro convenienti posizioni. L’odierno è improntato a darsi un risultato predefinito, sagge menti similmente a menti semplici, nei secoli, hanno edotto a sviluppare la formula mediante passaggi consecutivi e graduali, solo questo è garanzia di risultato certo e sudato. Se è vero, com’è vero, che la materia non si crea, non si distrugge, ma si trasforma, tocca mettersi in discussione e trasformarsi in acqua di sorgente.
Cesira Donatelli
RADICI DI TERRA E DI MARE di Barbara De Filippis
(Edito Masciulli Edizioni)