Sulmona, 17 dicembre– A troppi e sempre con maggiore frequenza, sfugge, che sono i minuscoli granelli a riempire i granai, che lo sgretolarsi a poco a poco di parti infinitesimali finisce per decretare il crollo di intere pareti rocciose. Si è orientati a prestare attenzione ai grandi fatti e alle grandi gesta, supponendo, che siano loro a dettare la linea.
Adania Shibli in Un dettaglio minore, con cadenza regolare e senza una palese e utile motivazione, narra di piccoli, identici e ripetitivi gesti, compiuti il più delle volte, in un paesaggio immobile ed afoso. Tutto in piena assonanza con il plotone militare che prende ordini dal suo comandante, quando gli fa comodo, senza battere ciglio. Persino i colori e le consistenze del deserto del Negev e dei luoghi attinenti paiono privi di gradazioni e di tonalità. La linea, nel caso di specie, pare dettarla il colore ocra e l’acqua sporca che viene buttata, dopo ogni toilettatura o disinfettazione, nei pressi dell’alloggio militare del comandante.
A fare rumore, in tanto sabbioso spazio, non sono i soldati, le loro camionette o le loro armi, bensì il cuore della giovane prigioniera beduina che, batte e lacrima perché privato dei suoi riccioli neri, lavato con la benzina ed esposto ad una sorte macabra e vigliacca.
Seppur il comandante in uno dei suoi discorsi, per darsi un tono, prende a prestito la nobile frase …non vincerà il cannone, ma l’uomo… si percepisce, per buona parte della narrazione, che a vincere, semmai si può parlare di vittoria, è la morte. Quella morte che, se preceduta da violenze inaudite diviene invocata, ambita e attesa.
…la prima era spedire la ragazza a lavorare nella cucina del campo; la seconda era che ognuno avrebbe avuto l’opportunità di divertirsi con lei…
Leggendo, si sentono scorrere sul proprio corpo, i pianti della giovane, persino prima che accada il peggio. Nettamente si delinea la bavosa acquolina maschile, le risa collettive incitanti, non possono che portare a realizzare che nulla di buono sanno secernere dinnanzi ad una creatura che, ben altro intelletto ed agire richiederebbe. Si finisce per eleggere a complice la sabbia, la quale, senza costi aggiuntivi assorbe acqua e sangue.
In un 13 agosto del 1949 arriva la morte. Uno dei tanti 13 agosto che quei luoghi e infiniti altri avranno probabilmente conosciuto e continueranno a conoscere. Solo l’abbaiare del cane ha contestato quei giorni di insubordinazione a qualsiasi regola militare e di insensato arbitrio a qualsiasi forma di umanità.
In Un dettaglio minore, Adania Shibli, mediante un inchiostro non complicato, riesce ad impregnare la carta con una storia distesa nel tempo e nella tristezza, creando un passaggio di testimone fra due donne, con una staffetta, che dura un quarto di secolo. Lascia evincere come il potere, in certe realtà, porta alla destabilizzazione degli indigeni, li soffoca, li abitua a non vivere, a non essere spontanei, a non essere sé stessi, a dare alla propria esistenza la forma che aggrada e compiace chi comanda, tra l’altro senza titolo democratico a farlo.
Affascina, in tanto grigio, come la seconda donna di questo romanzo, una giovane di Ramallah, non abituata a rispettare i limiti e i confini, tra un’autoironia e una reale constatazione delle condizioni reali in cui è costretta a vivere e lavorare, metta la propria vita a rischio, non voltandosi dall’altra parte dinnanzi ad una data che, congiunge l’inizio di una vita di una donna con la fine della vita di un’altra donna. Ad accomunare il tutto, sempre, l’abbaiare di un cane è la peculiare importanza per gli elementi minori.
…quando i falsari copiano un dipinto si concentrano sui dettagli più evidenti, come la rotondità del volto o la posizione del corpo e li riproducono perfettamente. Invece raramente prestano attenzione ai dettagli minori…
Svelato l’arcano per cui i falsari finiscono per conoscere le sbarre e non la perfezione!
Buona parte della narrazione si svolge in luoghi divisi per zone, ogni zona corrisponde ad una lettera dell’alfabeto. Le strade chiuse e disabilitate sono superiori a quelle aperte, i controlli sono come funghi, sbucano all’improvviso, ma non si avvalgono della pioggia e della notte, proliferano nelle dittature e sono sempre velenosi.
Ogni strada sbarrata è un sogno castrato, una crescita inquinata, un sorriso reciso. Ogni guerra spezza luoghi e famiglie, ramifica il sospetto, instilla la caccia al simile, utilizzando pretesti, scuse e abiti talari. Le donne di ogni età e in ogni ruolo, pur non andando in guerra, pur non imbracciando armi, pur non contando nulla nelle decisioni maturate, restano le più sfregiate, le più mutilate, le più esposte alla ferocia della guerra, che poi è ferocia umana che, nascondendosi dietro gli indumenti che la guerra autorizza, coglie ogni pretesto per dar sfogo alle peggiori indoli e propensioni.
Un libro che ha fatto discutere, un libro a tratti ripetitivo perché vuol farsi goccia al fine di lesionare la roccia della ferocia, un libro che narra una storia, sperando che vengano narrate e condannate tutte le storie di morte causata, per mano di un essere a discapito di altre vite.
Si dia potere, autorità, autorevolezza, forza di denuncia, capacità di giustizia ai libri, loro sanno essere saggi, giusti, democratici e leali.
Cesira Donatelli
UN DETTAGLIO MINORE di Adania Shibli
(Edito La nave di Teseo)