Dall’ex Consigliera comunale di Sulmona Roberta Salvati riceviamo e pubblichiamo
Sulmona, 5 giugno-La mia vuole essere una semplice riflessione sull’accaduto che mi ha vista, protagonista per ben sei anni, di una brutta pagina di politica. Per gli insulti sessisti e volgari, rivoltimi dal Di Masci nel lontano 2018 finalmente, la giustizia ha fatto il suo corso presso il Tribunale di Sulmona, che ringrazio, ribaltando la decisione presa presso il Giudice di Pace.
La sentenza precedente, sostanzialmente legittimava l’insulto sessista rivolto a me come parte di un linguaggio politico accettabile e ricorrente. Con lo studio Marchese che mi ha rappresentata e con l’intervento dell’Avv. Donatello Gentile abbiamo ribadito le nostre ragioni in aula.
Innanzitutto, va precisato che ho ricevuto gli insulti gratuitamente perché, all’epoca dei fatti, nell’estate del 2018, non avevo aderito ad alcun gruppo politico diverso da quello con cui ero entrata in consiglio. Viene meno così, anche il motivo dell’insulto nei miei riguardi se nel farlo si voleva alludere al “trasformismo” politico.
Purtroppo quel linguaggio volgare e violento era volto a svilirmi come persona, una sorta di bullismo di cui tanto si parla e che proprio le istituzioni, come la scuola e soprattutto la politica, dovrebbero combattere attraverso il buon esempio.
Tengo a precisare – e saranno d’accordo con me tutti gli uomini e le donne di destra, di sinistra e di ogni ceto sociale – che parole di questo tipo non si dovrebbero usare in nessun caso. Ce lo insegna il buon senso, ce lo insegna la società, ce lo insegna la famiglia, ce lo insegna la scuola e ce lo dovrebbe insegnare soprattutto il Prof. Di Masci, che proprio nella scuola ha rivestito il ruolo di Preside.
Infine, alla luce delle dichiarazioni di Di Masci, di voler fare ricorso alla sentenza del Tribunale di Sulmona, la preoccupazione da lui espressa circa il possibile sopravvenire della prescrizione non ha ragion d’essere, può sempre rinunciare.
A Di Masci sento di dire che se avesse ammesso il proprio errore – ovvero che non si scredita l’avversario politico con gli insulti, che non si denigra l’altro per il gusto di farlo, senza un briciolo di rimorso – avrebbe dimostrato comprensione e non superbia “politica”. Sarebbe stato un bel gesto per redimersi da questa brutta vicenda che lo vede protagonista. È sicuramente un’occasione mancata per lui, che avrebbe potuto dare il buon esempio ammettendo che si può sbagliare a qualsiasi età e che con umiltà ed umanità si possono ammettere i propri errori.
Ma invece continua imperterrito ad arrampicarsi sugli specchi, ritenendo sostanzialmente che un’offesa si possa usare in politica. Trovo tutto questo inaccettabile!
Io, da donna, da mamma, da politica, confesso di essere stata vittima di una vicenda penosa, ma mi interrogo: è davvero questo quello che vogliamo insegnare alle nuove generazioni? La politica dell’odio e del discredito devono avere la meglio? No, io mi rifiuto di credere che sia una possibile strada da percorrere.
Credo che la politica debba essere mossa da valori come la giustizia, l’equità e la responsabilità, una politica che miri a promuovere il bene comune attraverso buone pratiche, buon senso e buon esempio, lavorando per costruire una società migliore e più inclusiva per tutti i cittadini. Questa battaglia la sto combattendo per tutte le donne e gli uomini di oggi e di domani, per provare a lasciare un piccolo segno di civiltà. Voglio ringraziare la collega Teresa Nannarone per la vicinanza e la delicatezza del suo comunicato. Credo che una politica diversa si possa fare, basta volerlo.