di Mario Pizzola *
Sulmona, 10 giugno- A cento anni dal suo assassinio per mano del regime fascista, i cui eredi sono oggi al governo, è doveroso ricordare che Giacomo Matteotti è stato uno strenuo oppositore della guerra; non solo della campagna di Libia ma soprattutto del primo conflitto mondiale. Una coerenza con i suoi ideali pacifisti che egli pagò con il confino, dopo essere stato denunciato e condannato per disfattismo e sedizione. Scontò la condanna dapprima nel Veronese e poi in Sicilia, lontano dal fronte, fino al 1919.
La visione socialista ed internazionalista di Matteotti non ammetteva la concezione della patria, in nome della quale venivano dichiarate le guerre e venivano inviate al macello le classi lavoratrici, nell’una e nell’altra parte del fronte. Del rapporto tra patria e classe egli scrive in un articolo pubblicato sul settimanale del Polesine “La lotta”: “Noi non neghiamo l’esistenza della patria ma essa non è la nostra idealità; un’altra e più alta assai è la nostra aspirazione. E quando a paladini della patria si ergono i clerico-moderati, i nazionalisti, i militaristi, cioè tutti coloro che necessariamente si contrappongono all’idealità socialista, e si servono anzi a tale scopo dello straccetto patriottico, allora noi insorgiamo anche contro la patria”.
Giacomo Matteotti nella sua breve vita fu sempre guidato dalla bussola dell’internazionalismo, dell’emancipazione dei lavoratori e della difesa della libertà di pensiero. Piero Gobetti così descrive il suo impegno antimilitarista: “Conviene mettere a confronto l’esempio di Matteotti pacifista con la condotta tipica del pacifismo italiano, pavidi e servili per non essere presi di mira, nascosti e silenziosi nei comandi o negli impieghi, emuli dei nazionalisti nel rifugiarsi nei bassi servizi. Matteotti non disertava, non si nascondeva, accettava la logica del suo sovversivismo, le conseguenze dell’eresia e dell’impopolarità: era contro la guerra un combattente generoso”.
Quando in Europa è già scoppiata la guerra e anche l’Italia si appresta a partecipare a quella che il Papa dell’epoca, Benedetto XV, definirà l’ ”inutile strage”, Matteotti mostra tutto il suo turbamento per l’incapacità del movimento socialista di opporsi al massacro.
Su “La lotta” egli scrive: “Doveva finire così. Cioè doveva cominciare così: la povera bestia doveva andare al mattatoio gridando gioiosa (…). I cultori dell’ordine hanno in questi giorni esaltata la piazza (…). I professori in palandrana hanno esaltato il monello che rompeva le vetrine. Il teppista diventa eroe (…). Troppo debole è stato il proletariato italiano (..). Prepariamoci ormai a veder dilagare la menzogna: prepariamoci a leggere vittorie sopra vittorie; i socialisti sotto bavaglio della censura e alla mercè di ogni revolver di sbirro non esiteranno più. Orsù, lavoratori, che fare? Levatevi il cappello, passa la patria, e ormai più non ci sono socialisti; passa la rovina, passa la guerra, e voi date ancora la vostra carne martoriata”.
E qualche tempo dopo, sempre sullo stesso giornale, egli scrive profeticamente: “Noi non auguriamo e non desideriamo la vittoria di nessuno. Chiunque dei due raggruppamenti dovesse vincere vi sarà un popolo vinto che preparerà la rivincita per domani e quindi nuove guerre”.
E fu così: la guerra 1914-18 partorì i regimi fascista e nazista e questi scatenarono la seconda guerra mondiale.
Quanto attuale è oggi l’esempio di Matteotti! Mentre nel pianeta, insieme ad altre, divampano le fiamme di due terribili guerre, e mentre in Europa è tornato a spirare con forza il vento bellicista, i popoli appaiono impotenti rispetto alla follia dei Capi di Stato che, con le loro politiche interventiste, stanno trascinando l’umanità verso un nuovo micidiale, e totale, conflitto mondiale.
Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, considerava Giacomo Matteotti uno dei suoi ispiratori. Non a caso la prima marcia specifica del Movimento, nell’aprile del 1965, si concluse davanti al cippo di Matteotti, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma.
Cosa fare oggi? “Ciò che serve sono atti, personali e collettivi, di dissociazione, di obiezione, di diserzione, di non collaborazione in alcun modo con la guerra e la sua preparazione”, dice Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, che aggiunge: “è questa la proposta concreta che abbiamo lanciato con la Campagna Obiezione alla guerra a sostegno degli obiettori di coscienza, disertori e renitenti alla leva di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina.
Sosteniamo le spese legali per i processi, o l’assistenza in carcere, o il mantenimento di coloro che fuggono dal proprio Paese e vanno in esilio. La richiesta politica che facciamo alle istituzioni europee è riconoscere lo status di rifugiati politici ai ragazzi dei Paesi in guerra che non vogliono imbracciare le armi ma non viene riconosciuto loro questo diritto umano fondamentale nei Paesi di origine”.
Oggi Matteotti non starebbe certamente dalla parte dei capi di certa “sinistra” che, indossati gli elmetti, fanno a gara con le componenti più guerrafondaie nel sostenere un conflitto senza fine del Bene contro il Male.
La pace è diventata una parola tabù. Papa Francesco non è ascoltato da nessuno e i pacifisti sono considerati quinte colonne del nemico. In tempi bui come quelli che stiamo vivendo non dobbiamo dimenticare il monito di Bertolt Brecht: “Chi sta in alto dice: si va verso la gloria; chi sta in basso dice: si va verso la fossa. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico”.
* Movimento Nonviolento Sulmona