–Da oggi è solo un ricordo.Forse-
Sulmona,16 Ottobre– La nota diffusa oggi dai Comitati Cittadini per l’ambiente che da anni si battono con tenacia e passione contro il metanodotto che attraversa il nostro territorio e da tempo si battono anche per proteggere quel pezzo di storia sul villaggio antico rinvenuto a Case Pente,patrimoinio prezioso per la nostra città, qualche effetto lo ha prodotto in queste ore .
Di sicuro tantissimi cittadini, quelli che vogliono bene a Sulmona , sono rimasti sorpresi perché in fondo ognuno sperava in una soluzione diversa, migliore da quella che si sta attuando. L’altro effetto sicuramente lo ha prodotto sui protagonisti di quella politica degli ultimi tempi ( locale, provinciale, regionale e nazionale) che ha subito tutte le decisioni che sono piovute dall’alto ed è stata incapace di approntare qualsiasi strategia da mettere al servizio del nostro territorio così come avviene in tutte le parti e in molti territori anche della nostra regione.Ci sarà qualcuno ora capace di fare chiarezza su quanto sta accadendo ?Chissa.
Dicono gli ambientalisti “A Case Pente erano state scoperte le tracce di un villaggio risalente all’età del bronzo, che testimoniavano come la piana di Sulmona fosse abitata fin da tempi antichissimi. Questa testimonianza ora non c’è più, è stata cancellata per sempre dalle ruspe della Snam. Ad autorizzare questo crimine storico e culturale- si legge in una nota- è stato il Ministero della Cultura (!) il quale ha ritenuto che la costruzione della centrale Snam debba prevalere sulla tutela di un bene di eccezionale importanza qual’ era un abitato di 3.500 anni fa. Un crimine che si è consumato nel silenzio assoluto dei nostri rappresentanti politici, nonostante che come Comitati avessimo lanciano ripetutamente l’allarme su quanto rischiava di accadere. L’amministrazione comunale di Sulmona è complice di questo scempio perché, da quando nel marzo 2023 sono iniziati gli scavi di archeologia preventiva, ha mostrato il più totale disinteresse sui ritrovamenti archeologici nell’area di Case Pente. Eppure Sulmona si fregia del titolo di “città d’arte” e si accinge a tenere gli “stati generali della cultura”!
Da noi lo Stato impone la distruzione del nostro patrimonio archeologico e chi è stato eletto per difenderlo sta zitto. Altrove, invece, lo stesso patrimonio viene tutelato e valorizzato. Come ad esempio a Modena, dove a Terramare di Montale da 20 anni esiste un Parco archeologico con museo all’aperto. Nel Parco è stata ricostruita parte del villaggio, arredata come 3.500 anni fa. Il Parco, dove si svolgono esperienze educative per le scuole, è frequentato ogni anno da 15.000 persone.
L’assurda decisione del Ministero della Cultura, avallata dalla Soprintendenza Archeologica regionale, viola la stessa normativa in materia (D.lg. 31 marzo 2023, n. 36, nuovo Codice dei contratti pubblici) la quale stabilisce che quando i reperti rinvenuti sono “leggibili come complesso strutturale unitario” essi vanno mantenuti in situ, potendosi configurare la “radicale incompatibilità dell’opera prevista con il contesto connotato dalla presenza delle testimonianze”. In questo caso va individuata una soluzione alternativa all’insediamento dell’opera.
Che l’area archeologica di Case Pente- spiegano ancora gli ambientalisti– sia da considerarsi come un “unicum” non vi sono dubbi. Tra Settecento e Ottocento vi fu rinvenuto il sarcofago di età romana contenente le spoglie di Numisina. Altri importanti reperti, tra cui quattro dolia (grandi vasi per la conservazione di cibo e bevande), furono rinvenuti ad opera dello studioso Antonio De Nino nel 1887. Nel corso del ‘900 numerosi furono i ritrovamenti, come la nota iscrizione in pietra detta “dei callitani” conservata nel Museo di Palazzo dell’Annunziata a Sulmona, sepolture a fossa di epoca precristiana e tombe di epoc a tardoantica (III e IV secolo). Ad essi va aggiunta la chiesetta di S. Angelo in Vetulis, sulle pendici di Colle Macerre.
Gli scavi avviati nel marzo 2023 e tutt’ora in corso hanno portato alla luce altri notevoli ritrovamenti che vanno ad arricchire il patrimonio archeologico di Case Pente e che confermano il suo carattere di “complesso strutturale unitario”: oltre alle tracce del villaggio dell’età del bronzo è emersa una necropoli con più di cento tombe, resti di mura relative a costruzioni di epoca romana e italica, una struttura termale dell’età romana, un dolium e un’antica strada pastorale. E tutto lascia ritenere che nei terreni circostanti l’area Snam vi siano ancora importanti reperti sepolti.
E’ doveroso ricordare che fu proprio la Soprintendenza Archeologica regionale – quando nel 2008 negò l’apertura di una cava alla Lafarge Cementi – ad evidenziare che quello di Case Pente è “un complesso tra i più importanti e inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli. La tutela di tale contesto storico impone la non alterabilità dello stato di fatto”.