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Reputazione, bene di prima necessità

Scritto da redazione

Reputation Lab, convinto assertore dell’importanza della Reputazione.

Sulmona,26 ottobre-Il testo del messaggio recitava testuali parole: “se per te va bene possiamo sentirci domani, alle 17:00 ora italiana!” All’altro capo del telefono, dagli Stati Uniti d’America, a darmi appuntamento per un’intervista sull’importanza della ReputazioneDavide Ippolito.

 Ippolito è editore ed autore per Amazon Prime Video, fondatore di Reputation Review, consulente per NIAF, Confindustria, Federmanager ed opinionista su La 7. Questa bella occasione si è concretizzata in uno degli ultimi pomeriggi assolati di ottobre.

La distanza era tanta e l’oltre oceano non è cosa da niente, ciononostante l’intervistato mi ha fornito risposte sciolte e briose, dal registro ampiamente comprensibile per i più.

Da anni orami la parola reputazione ha abbandonato, per fortuna, la diffusa e radicata accezione di considerazione e di credito di cui si gode nel proprio paese e nelle piazze dei paesini confinanti. Il significato della parola reputazione ha preso, per legittima difesa le distanze da contesti meramente legati allo sviluppo del pettegolezzo ed ha indossato vesti di credito da esibire in contesti ampi, variegati e mondiali. Per ironizzare si può dire che,  la tendenza andava invertita, perché nessuno è profeta in patria! Il buon nome va conseguito per mostrarlo al mondo e utilizzarlo in caso di necessità, un po’ meno al vicino di casa!

Prima di formulare domande io e Davide Ippolito, ci siamo concessi un passaggio fra i ricordi che ci congiungono all’amata e inimitabile Roccaraso, insieme abbiamo, altresì, apprezzato la bellezza e la positività dei social che permettono di restare in contatto, nonostante le evoluzioni lavorative e le distanze.

Quando hai ravvisato, per la prima volta, l’esigenza di parlare di Reputazione e perché?

  • La prima volta è stato nel 2008, tutto è nato seguendo l’esigenza di vedere le organizzazioni oggetto d’interesse non solo sotto l’aspetto delle vendite. A quei tempi l’attenzione ricadeva essenzialmente sulla comunicazione dei dati di vendita e sul potere commerciale di un brand, piuttosto che di un altro, tutto proiettato all’utilizzo di un marketing molto aggressivo. L’intuizione è stata quella di chiedersi quanto l’aspetto reputazionale da intangibile potesse diventare tangibile.  L’agire sin ad allora consolidato dava risultati sul breve tempo, ma cominciavano a percepirsi falle di sistema. A dare un senso e a fornire risposte concrete a questo dilemma, qualche anno dopo ci pensò il Dieselgate Volkswagen. L’interrogativo interessante fu – quanto Volkswagen era riuscita a sopravvivere e a limitare i danni economici, derivanti da quello scandalo, grazie al suo capitale reputazionale?  Si spese capitale reputazionale per limitare i danni economici, ma poi spesero soldi per tutelare il capitale reputazionale. Tale constatazione segnò il punto di rottura e fece comprendere che, se si fosse chiesto a 500 persone diverse, cosa rappresentasse per loro la reputazione, si sarebbero ottenute 500 risposte differenti. Quindi non esiste una sola forma di reputazione, ma vi sono tante reputazioni. Da qui l’esigenza di approfondire e sviluppare l’importanza della reputazione attraverso più parametri di analisi. 

Tu più volte, in tv, hai parlato di esposizione social, questo può determinare la contaminazione della propria reputazione? È possibile difendersi da ciò? Se sì come si fa? 

  • Buona parte delle generazioni, compresa parte della mia generazione e quelle immediatamente successive, non hanno ben compreso che nel momento in cui ci si espone sui social, si genera un’estensione della nostra vita pubblica. Alcuni differenziano la tipologia di social da usare pensando, per esempio, che LinkedIn sia adatto per il lavoro e Facebook per la vita privata. Non è così perché anche il semplice stato whatsapp, l’elenco degli acquisti di Amazon e via discorrendo sono estensione della vita pubblica. Pertanto, bisogna chiedersi nella vita pubblica ti comporteresti allo stesso modo? Andresti in ufficio in costume da bagno? Inizieresti ad insultare una categoria di persone pubblicamente in una piazza? Se la risposta è no, di fatto si sta estendendo la propria vita pubblica attraverso i social, ci si sta esponendo in maniera non proprio elegante. Nel campo business la domanda è, ma noi ci teniamo davvero tanto alla nostra opinione nel momento in cui questa non è estensione della nostra vita pubblica? Per capirci chi andrebbe a contestare l’opinione di un proprio cliente, in merito ad una questione internazionale di cui poco se ne conosce, rischiando di perdere il cliente, che casomai si reca nel tuo negozio, solo, per acquistare del prosciutto? Quindi sì, i social espongo a rischi di sovraesposizione, di fake digitali; se, banalmente non offenderesti un componente di una categoria, in luogo dove vi è un rappresentante della sua  categoria, non dovresti farlo neppure sui social. Solo davanti alla consapevolezza che l’estensione interessa la vita pubblica si può iniziare a revisionare l’approccio con i social e quindi rivederne l’utilizzo e ridurne la violenza.

Il Newyorkese perché è nato e di cosa si occupa?

  • Trasferendomi negli Stati Uniti e portando con me tutte le competenze acquisite in Italia, ho notato che, nello stato di New York, nella “tristate area” vi è una forte comunità italiana, circa 400,00 mila italiani, non italoamericani. Gli immigrati di ultima generazione, si sono un po’ allontanati dal sogno americano, hanno desideri diversi, vogliono uscire dal proprio confort zone; quindi, si è creata una consistente realtà di persone, che hanno ruoli manageriali, che hanno conseguito non solo potere economico, bensì hanno voce e ruoli all’interno della comunità americana. Fino ad oggi non esisteva uno strumento dedicato a loro, da ciò la rivista cartacea e online del Newyorkese, rivista che è arrivata a contare 350,00 mila lettori mensili, creando occasione di incontro, confronto e ulteriore crescita. Per ora la funzionale è sociale e motivazionale, vi è un atto di restituzione nei confronti dell’Italia. Tutti questi protagonisti sono intenzionati a tornare in Italia, ma soprattutto sono disposti ad aiutare chiunque voglia crescere e realizzarsi. Una rivista che diviene collante fra chi ce l’ha fatta e chi vuole farcela. 

Durante la telefonata per sommi capi abbiamo parlato di sogno e di felicità, desidero restare sul tema.

Quando si raggiunge la felicità, quando ci si avvicina ad essa a chi bisogna esserne grati? Allo Stato, a sé stessi, al sistema economico, ad una comunità?

  • Parlando di felicità, della felicità come diritto sancito nella Costituzione Americana, il mio pensiero va a Gaetano Filangieri, mio concittadino che ha contribuito alla stesura della Costituzione Americana puntato tutto su questa parola. La Costituzione Americana apre alla vita dei suoi cittadini con indirizzo alla felicità, premesso che questa è soggettiva e non è un concetto pubblico o oggettivo. Negli Stati Uniti il concetto di felicità è molto legato al concetto di libertà, puoi fare quello che vuoi finché non ledi i diritti del prossimo. Un punto di vista ampio, bello che, porta inevitabilmente ad una forte forbice sociale consistente. L’apertura e la sconfitta della diversità sociale, risiede nella possibilità di invertire la rotta in due generazioni. Si pensi al Presidente Obama, figlio di immigrati, nato in America!

Che cos’è  l’Italian Reputacion Award 2024 ?

  • È un riconoscimento destinato a chi si è distinto in ambito reputazionale, si svolge presso l’istituto italiano della cultura a New York dinnanzi al Console Generale d’Italia a New York.  Siamo alla seconda edizione, una progettualità che si è sviluppata insieme al Ministero degli Esteri, si vanno a premiare italiani che si sono distinti in termini reputazionali. I dieci premi sono assegnati sulla valutazione delle dieci dimensioni della reputazione, si prende in considerazione chi non ha guardato solo al profitto, mediante un’analisi indipendente, validata da Reputation Reserarch, dai partners e da comparti tipo Confindustria, su questa base si premiano dieci nomi di eccellenza, che hanno avuto il coraggio e la forza di investire in scopi e missioni più grandi, non mirando solo a fare cassa.

Nelle tue interviste su La 7 si capisce che tu fornisci consulenze, mostri sondaggi, collabori nell’individuazione di realtà qualificate. Oggi chi chiede una consulenza come individua la validità della consulenza che chiede, anche in questo caso lo fa attraverso la reputazione?

  • Per La 7, per altri giornali e per altre realtà facciamo ricerche indipendenti. Abbiamo fatto ricerche per il Consolato Italiano a Detroit e via discorrendo. Abbiamo brevettato un metodo di analisi, pubblico e certificato in quanto depositato presso il ministero. Trattasi di un metodo di analisi esatto, quindi sul tema del momento, sulla base di quelli che sono i dati disponibili e pubblici, perché usiamo solo dati pubblici, riusciamo a ricavare notizie reputazionali. Per esempio, se ci interessa la reputazione di un noto personaggio pubblico e/o politico, attingiamo informazioni da ciò che scrivono i giornali, da ciò che mostrano i social, da ciò uno specifico target di persone pensa, dalle intenzioni di voto, da come si comportano nei singoli stati o luoghi in cui si recano. Una serie di dati che aggregati fra loro forniscono un ranger reputazionale. Più le fonti sono diversificate, più il quadro reputazionale è completo e prossimo alla realtà.  Nel 2016 dichiarammo, in seguito alle nostre ricerche che, Trump avesse un ranger reputazionale migliore di quello di Ilary Clinton, questo apparve folle, per tutte le ragioni e le questioni che diffusamente si associavano alla persona di Trump. Ciò dimostra che la reputazione, proprio in base a quanto detto fin qui non è oggettiva ed uniformemente concepita. Trump disponeva, all’epoca del nostro sondaggio di una considerazione reputazionale agli occhi dei propri elettori più alta di quella che la Clinton avesse agli occhi dei propri elettori. Trump non doveva avere una buona considerazione fra gli elettori democratici di Ilary, l’importante è che l’avesse fra i suoi elettori.  La reputazione si compone di ciò che, pensa del soggetto oggetto di studio, il target che allo stesso interessa, il resto non conta e non attira attenzione. Per meglio rendere il concetto porto l’attenzione del lettore alla reputazione di Costa Crociere dopo i tristi e noti fatti accaduti nel 2012. La reputazione di Costa Crociere dopo sei mesi dal naufragio era stabile. Indiscusso che per molti la compagnia aveva responsabilità e colpe, ma per Costa le opinioni sulla sua reputazione da prendere in considerazione non erano quelle dell’intero emisfero, ma quelle delle sue migliaia e migliaia di clienti che ogni anno hanno continuato a fare crociere con lei.

L’attacco più forte che ha ricevuto il tuo sostenere l’importanza reputazionale? Ricordi   cosa ti ha contestato qualcuno che non l’ha capito e non l’ha accettato?

  • Non ci sono stati attacchi forti e degni di attenzione. Sicuramente sta a noi non fornire informazioni interpretabili e travisabili ed è necessario usare il registro di linguaggio adeguato nei differenti contesti.

Le argomentazioni trattate, sicuramente non sono state quelle che ogni mattino si disquisiscono in un bar, pacifico affermare che per essere un approccio inziale lo si può definire interessante e stimolante. Per semplificare la comprensione, durante il dialogo,  più volte Davide Ippolito  mi ha condotto a considerare che,  una buona reputazione agli occhi dei propri fornitori ci farà disporre  di buona merce, una buona reputazione con i dipendenti ci aiuterà a trovare risorse umane che lavorino per noi, una buona condotta con le banche ci aiuterà ad ottenere prestiti e fidi, un buon dialogo con le istituzioni ci aiuterà ad vedere approvate leggi più vicine alle nostre esigenze di crescita e di sviluppo.

Allora, che Reputazione sia! D’altronde lasciare un buon profumo di sé stessi, della propria azienda, del proprio brand dovrebbe essere ambizione comune e diffusa. Con Davide Ippolito l’appuntamento   è per la seconda edizione dell’ Italian Reputacion Award.

Davide Ippolito mi ha promesso che con la sua famiglia il prossimo agosto sarà a Roccaraso, mi consenta di affermare che, se il “padre della reputazione” visita Roccaraso, ciò significata che l’indice reputazionale di Roccaraso è ottimo.

Buona Reputazione a tutti.

Cesira Donatelli

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