Nostro incontro con il Direttore Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise: analisi e prospettive
Luciano Sammarone, direttore Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise
Sulmona, 25 novembre– Al tempo e alla strada, capita, di attribuire ruoli più prossimi all’allontanamento che, alla condivisione e alla conoscenza. Non è andata così, il giorno, in cui Luciano Sammarone, direttore del Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise mi ha ricevuto a, Pescasseroli, presso la sede dell’Ente Parco..
Tutto si è svolto in un tipico pomeriggio novembrino, in cui una pioggerella indecisa, un freschetto da cappotto si lasciavano attraversare da una nebbiolina timida. La strada che mi ha condotto nella sede dell’Ente Parco, sita in Via Lucia, n°2 in Pescasseroli, è la Marsicana SS83. Per chi non la conosce la si consideri al pari di una donna sinuosa e piena di curve, tutte al punto giusto e tutte a preannunciare scorci di natura esilaranti. La sensualità di questa strada porta alla visione del lago di Barrea, annuncia l’ingresso alla Camosciara, corteggia, appassionatamente, tratti di bosco fitto in vestizione di un egregio e damascato foliage. Mostra orgogliosa qualche capo di bestiame che, si gode le ultime giornate di libertà, prima dell’arrivo degli attesi fiocchi di neve. A questo tempo scientificamente meteorologico, umanamente figlio di Madre Natura e a questa strada che, attrae e seduce, ha fatto da corona e da palinsesto il tempo e la perizia del Colonello dei Carabinieri Luciano Sammarone.
Un’intervista di quasi sessanta minuti, quella consumatasi intorno al tavolo di vetro della sala riunioni del parco, insieme al neo-rieletto Direttore Sammarone. A capotavola io e i miei appunti, alla mia destra il direttore con il suo telefono silenziato per meglio accogliere e soddisfare ogni mia domanda.
- Dal 2022 la tutela dell’ambiente entra in Costituzione. Si è detto nell’interesse delle future generazioni. È davvero una cosa nuova, ne avevamo davvero bisogno, o era già tutto disciplinato e si era, semplicemente disatteso?
No, cento anni di Parco hanno significato tanto, il Parco nasce per tutelare le silvane bellezze e i tesori della natura. Questo l’intendimento iniziale che si conserva intatto ancora oggi, la conservazione non è un punto di arrivo e le sfide, perché ciò sia concretizzabile sono sempre nuove e sempre più numerose. Il mutare delle società richiede nuove azioni, per certi versi è stato più facile convincere i nostri nonni a rinunciare ad un pezzo di pascolo a favore dell’introduzione di riserve integrali che, far capire ad “orde” di turisti di frequentate il Parco con il cane al guinzaglio, oppure di evitare l’uso delle biciclette in alcune aree.
Questi sono paradossi rilevanti, in passato con i frutti della montagna ci si “cacciava” il pane, ci si viveva. Oggi in montagna ci si va quasi sempre per diletto. Necessario quindi codificare nuovamente e implementare l’esistente legislativo, soprattutto perché nel frattempo sono subentrate tante scoperte, seppur resta molto da risolvere.
In tutti questi anni il Parco ha affrontato e vinto molte battaglie, si pensi alla storia della Cicerana, oppure la battaglia degli anni Settanta per scongiurare un impianto scioviario sopra al monte marsicano, si pensi, altresì, alla realizzazione di un impianto sciistico, secondo alcuni mai tramontato, che da passo Godi dovrebbe raggiungere l’Aremogna. Il tempo comporta ed importa cambiamenti e sfide, che necessitano di una pronuncia legislativa adeguata. Queste sono battaglie iconiche, se ne potrebbero elencare di minori e di quotidiane. In un’ottica più ridimensionata, possiamo affermare che la conservazione ha raggiunto buoni obbiettivi, si pensi al lupo, al camoscio. La narrazione, riferita al lupo, è cambiata molto, seppur si sta assistendo ad un’inversione di tendenza. Purtroppo, le criticità persistono! Riferendoci agli orsi possiamo sostenere che vi è qualche unità in più, siamo lontani dalla mattanza degli anni Ottanta che, si caratterizzò per innumerevoli episodi di bracconaggio. Per l’anno venturo, infatti, con l’ausilio di una stima su base genetica, verosimilmente possiamo aspettarci un incremento positivo delle unità. Tutto sulla scorta di un progetto scientifico e di ricerca. Questo richiede nuove misurazioni e incessanti confronti, in questo contesto non è concepibile l’immobilismo di azione e di studio.
- Il Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise è tra le altre cose, risorsa turistica, pertanto generatore di flussi economici. Neppure questo aspetto contribuisce ad una totale accettazione di esso, improntando tutti ad una coesistenza collaborativa e laboriosa?
Non siamo davanti ad un vero rifiuto, ci si trova ad affrontare una mancata consapevolezza, cosa ben diversa. Lo spettro “arriva il Parco e mi mette i vincoli” persiste ed è ancora sbandierato. La sfida Abruzzo regione verde d’Europa, la rete delle aree protette ha fatto e fa la differenza.
L’orso si sta allargando verso nuove aree protette, si veda la riserva Regionale del Genzana, il Parco Sirente Velino e il Parco Nazionale della Maiella, tutte sinergie su cui si deve investire e lavorare senza sosta. Non si può asserire che manchi una coscienza in tal senso, bensì si è carenti di consapevolezza. Spesso sfugge la reale comprensione dei contenuti, degli aspetti e delle finalità di un’area protetta. Non si abbia a tralasciare che i famosi e tanto celebrati servizi ecosistemici, realmente masticati da pochi contribuiscono al mantenimento del tutto. Nel mio piccolo, per fornire risposte concrete a chi taccia il Parco di questa o quella colpa, ho voluto rispondere con un approfondimento di analisi improntato sulla realtà di Pescasseroli e quella di Roccaraso.
La prima realtà vive di Parco, la seconda prevalentemente di turismo invernale. L’andamento demografico delle due dal 1981 al 2021 è stato quasi omogeneo, questo attesta che non è il Parco a decretare lo spopolamento di un territorio rispetto ad un altro. Quando 100 anni fa nasceva il Parco non vi erano strutture ricettive o di accoglienza, vi erano attività connesse ai greggi e alla pastorizia. Oggi la presenza di strutture alberghiere e affini si fa rilevare, questo denota l’avvenimento di una scelta fatta negli anni. Si è quasi smesso di allevare pecore, perché oggettivamente più impegnativo, “con la pecora ci devi uscire la mattina e ci devi stare fino a quando rientri la sera”. L’allevamento su Alpi e Appennini, negli anni Ottanta era pressoché tramontato, la ripresa successiva è imputabile esclusivamente alla politica agricola comunitaria.
- Qual è un’area del Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise meno nota che meriterebbe di essere più conosciuta?
Sicuramente la parte molisana e, non lo sostengo perché nato a Capracotta. Da un punto di vista naturalistico la parte del Molise è maggiormente conservata in termini di integrità naturalistica e nulla ha da invidiare al resto del territorio del Parco. Mentre in Abruzzo ben sette paesi si svegliano al mattino e vedono il Parco, in Molise e in Lazio, il Parco si sviluppa in montagna. In queste realtà per toccare il Parco con mano, bisogna fare prima chilometri in macchina, si pensi a Valle Fiorita in Molise e a Val Canneto in Lazio. La distanza dai nuclei abitativi decreta la maggiore o minore frequentazione e quindi la conoscenza e l’integrità degli stessi. Molto fa anche l’investire o meno, nei versanti abruzzesi si è investito di più, si è creduto di più. Il Parco stesso dal turismo e dalle frequentazioni non incamera nulla, incassa solo il ricavato dei centri visita, pur garantendo la tenuta della rete sentieristica. I servizi di gestione dei percorsi a numeri chiusi sono affidati a società terze.
- Che tipo di visitatore ha oggi il Parco?
Di tutto. Chi va in montagna oggi ha caratteristiche abbastanza trasversali, anche perché sono differenti le aree turistiche del Parco stesso, si passa da quelle a portata di mano per famiglie, tipo Campitelli, Camosciara, lago di Barrea e via dicendo, a quelle ad identificazione più impegnativa, per esempio, dalla statale si può salire sul Marsicano cimentandosi in ore e ore di escursione. Capita, persino, di imbattersi in turisti in ciabatte lungo i sentieri. Continuo il nostro spendersi per far comprendere la necessità di un approccio adeguato alla montagna. L’altra faccia della medaglia è il mancato apprezzamento di chi frequenta, perché non ben edotto su luogo, aspetti e contenuti.
- Il direttore del Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise, nel suo operare, si sente più responsabile nei confronti del bene naturalistico da tutelare o nei confronti di chi vive o è prossimo al Parco e alle sue pertinenze?
Il Parco, in quanto patrimonio naturale, è difficile da scorporare da tutto il resto. Ci si sente più responsabile per i cristiani, perché un orso senza i cristiani la sua strada la farebbe comunque, le persone in qualche modo vanno informate e acculturate. I cittadini vanno indirizzati a forme di utilizzo più responsabili, cambiamenti questi, in cui il Parco ha creduto e ha fatto. Gli orsi confidenti sono lo scotto, se vogliamo, della maggiore consapevolezza. I nostri nonni non davano ad un orso che, si avvicinava in paese, il tempo di divenire confidente, lo ammazzavano. L’orso diviene confidente a seguito dell’accettazione da parte di tutti. Gli orsi arrivano nei paesi perché hanno fame, arrivano perché hanno trovato un modo più facile per superare la concorrenza con animali più forti, il cassonetto e i tanti rifiuti che oggi si trovano nei centri abitati sono mezzo e strumento più facile per pacare la fame. L’orso Carrito non era uno scapestrato, era un ragazzo di 15 anni con gli ormoni a palla, che faceva scemenze. Già l’anno successivo si era dato un contegno! La responsabilità di un direttore è a 360°e per tutti, la tutela e la conservazione sono i principi cardine di un Parco e io li sento tutti. Condivido, altresì, il pensiero di molti cittadini che dicono “Il Parco lo abbiamo fatto noi”, tutto vero nella misura in cui i cittadini sono stati capaci e atti a rispettare una legge dello Stato.
La legge 157 stabilisce che, la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e quindi di tutti, pertanto tutti obbligati alla tutela della stessa. Si pensi alle associazioni venatorie e al loro cambiamento. Premesso che non ritengo la caccia uno sport e non posso pensare di ridurre tutto al semplicistico dibattito caccia sì, caccia no. Le questioni e i comportamenti sono mutati! Oggi gli ATC(ambiti territoriali di caccia) spesso, collaborano con il Parco, per le tempistiche di apertura della caccia. Per salvare i cuccioli di Amarena si collaborò rinviando l’apertura della caccia nelle zone d’interesse.
- La carriera nell’arma dei Carabinieri l‘ha distinta per operazioni contro il bracconaggio e il consumo di suolo, oggi a che punto siamo a tal riguardo?
Il bracconaggio, per quanto vedo io, può coincidere con l’uso di esche è bocconi avvelenati. Si fa persino difficoltà a definirlo bracconaggio tanto è vile. Similare allo sparare sui civili indifesi durante una guerra. Si distingua lo sparare ad un animale cacciabile seppur a caccia chiusa, dallo sparare ad un orso. Quest’ultimo è un atto di bracconaggio assolutamente gratuito, nel primo caso trattasi di caccia illegale. Fermo restando che le pronunce di sentenza fanno capo alla magistratura. Il consumo di uso del suolo interno al Parco è abbastanza monitorato, in una scala generale, forse, contribuiscono le aree protette, ad attenuare, i numeri della media matematica.
- Che ruolo ha il Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise nelle scuole?
Un ruolo fondamentale. Noi abbiamo convenzioni con 13 istituti comprensivi di tutta l’area attorno al Parco. La presenza nelle scuole è l’azione quotidiana che serve a tenere viva l’attenzione sulle nuove generazioni, soprattutto perché siamo noi adulti, spesso, a dare fregature ai giovani, Ci occupiamo male di tanti aspetti. Ogni anno proponiamo e riversiamo nelle scuole progettualità importanti, accolte dal ministero sia con linee Unesco che con le ZEA (zone economiche ambientali). L’innovazione di quest’anno è stato il progetto con la scuola Gesuè di San Felice al Cancello che, ci ha permesso di raggiungere e coinvolgere realtà difficili attraverso la vicenda dell’orsa Amarena.
- Se Il Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise fosse un libro a cui aggiungere capitoli, che capitolo aggiungerebbe e che titolo gli darebbe?
Non saprei, una domanda difficile! È chiaro che l’obbiettivo resta sempre quello della conservazione. Chi come me ha vissuto e ha avuto la fortuna di lavorare sui temi della conservazione sente di più questa chiamata. Sovente mi accusano di avere “L’ OSSERSIONE”! L’orsessione può sembrare una forma negativa del termine, in realtà quando vivi situazioni come quella di J. Carrito…
…”a questo punto il direttore, prende in mano il suo telefono e mi mostra la foto della schermata di apertura e mi dice “io il mio amico me lo porto dietro, non so se sia diventato un angelo custode o cosa…”Stiamo entrambi guardando la famosa foto, dove il cucciolo sta col muso nella neve. Rifletto su quel legame che, a distanza di due anni dalla morte dell’orso, è rimasto indissolubile e mi sento più serena, siamo in buone mani, il Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise non poteva essere in mani migliori!
Questi accadimenti ti fanno capire quanto questa specie sia fragile, quanto si deve ancora fare. Si devono mettere in sicurezza tanti tratti si strada.
Fui nominato, per la prima volta, direttore del Parco il 24 settembre 2019. Il 24 dicembre 2019, poco prima dell’inizio della messa della notte di Natale, mi trovavo ad assistere al pianto del cucciolo dell’orsa che era morta nei pressi di Castel di Sangro. J Carrito è morto poco distante da quella zona che, si era messa in sicurezza per mezzo di un sottopassaggio. Il titolo di un capitolo, pertanto, coincide con tutto quello che, vorrei fare per creare sicurezza ed incolumità.
Purtroppo, è un libro dei sogni, mancano le risorse. Solo l’anno scorso abbiamo richiesto, mediante schede FSC, alla regione un finanziamento per mettere in sicurezza quel tratto di strada nei pressi di Castel di Sangro dove sono morti tre orsi in poco tempo. È chiaro che, sulla conoscenza e sulla consapevolezza si può lavorare senza tante esigenze monetarie e lo si deve fare continuamente, responsabilizzando chi vive il territorio. D’altro canto, seppur impopolare quello che sto per dire, va considerato che tutti pensano di conoscere tradizioni ed usanze delle aree parco. Purtroppo, non è così, questi luoghi, non sono mai stati per mandrie di cavalli o di mucche, bensì di greggi.
Oggi avere un gregge implica costi più alti e questo richiederebbe risorse che, il Parco in sé non ha. È chiaro che non si può vivere solo di turismo, le scelte e gli investimenti della politica dettano le linee, a loro decretare funzionalità e orientamenti. Il pastore da sempre ha avuto un rapporto di affetto e convivenza con la sua montagna. I vecchi pastori giravano con le “accettelle” per mantenere custodito il prato. I vaccari e i cavallari si dichiarano custodi della montagna, pur non avendo comportamenti di attenzione e “manutenzione” verso di essa. Su questo si deve investire, investimento che non può sostenere il Parco. Va rimessa in moto un’economia locale, soprattutto in virtù dei cambiamenti climatici in atto. Il rispetto del nostro patrimonio naturalistico richiede sforzi e sinergie. Noi compriamo tutto dai paesi asiatici perché meno costoso.
Tanto risparmio è imputabile a processi di produzione meno rispettosi dell’ambiente e delle risorse umane. Certificando il tutto è possibile attivare filiere locali, creare lavoro e interesse nei giovani, tutto questo non si improvvisa, richiede sostegno e dedizione. Questo non ci renderebbe schiavi solo del turismo. Comprendo le inimicizie che mi attirerò, ma il turismo in essere non permette più ai giovani che intendono vivere in queste zone, di trovare case libere e a prezzi ragionevoli, perché tutto improntato alla chiamata dei turisti. Chi decide di restare o di venire a vivere in montagna ha bisogno di case, di servizi, di prospettive. Le linee di indirizzo in un paino socioeconomico le può delineare il Parco, ma la differenza la possono fare solo i comuni, le regioni, lo stato.
Questa è la vera sfida, la conservazione fine a sé stessa non ha senso, basti pensare che abbiamo pochissime aziende che allevano, producono trasformano prodotti a livello locale. Ho proposto l’acquisto di un mattatoio mobile, a spese del Parco, nessuno ha manifestato interesse perché, gli allevatori di vitelli, preferiscono la grande distribuzione. Inteso che né io, né il Parco possiamo decidere per i privati cittadini. Ben fanno sperare i giovani che stanno sperimentando le nuove semine, si deve lavorare alla ricerca di attività economiche che, siano veramente sostenibili o quantomeno compatibili.
- Sei rientrato da poco da un convegno svoltosi in Emilia-Romagna di cosa si è parlato e da chi è stato promosso?
Rientro da un format organizzato da Oltreterra (nuova economia per la montagna), con la collaborazione di Legambiente, Slow Food Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e Fondazione Alberi Italia. Un incontro durato più giorni e giunto all’undicesima edizione. Si è parlato di come fare impresa, di come fare attività sociale, di come fare gestione forestale, di come migliorare la convivenza, di come fare turismo. Si è rilevata la necessità di riportare la geografia nelle scuole, non solo sotto il punto di vista fisico, anche dal punto di vista di appartenenza e di conoscenza. Si è lavorato allo studio e alla promozione di azioni economiche sostenibili e replicabili per la montagna italiana. Un pensatoio diviso in più tavoli di discussione, divisi per competenze, per formazione orientati all’animazione forestale.
Varcare la soglia del Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise è stato bello! Beneficiare della conoscenza, dell’esperienza e della competenza del Direttore Luciano Sammarone è stata una incoraggiante lente di ingrandimento sul futuro dei nostri giovani.
L’oggi e il domani hanno a patrimonio comune la conoscenza di ciò che è’ stato ieri. Si dispone di giovani, si aiutino a restare perché in questa congiuntura temporale si dispone alla direzione del Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise di un uomo capace, lungimirante e volenteroso.
Cesira Donatelli
( nella foto del titolo il direttore del PNALM Luciano Sammarone ph da ‘La Foce di Scanno)