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Roccaraso Tua e Mia

Scritto da redazione

La neve è pane, non va “calpestata”

Roccaraso,30 gennaioRoccaraso Tua e Mia, è il titolo della prima lirica che apre la mia silloge di poesie Nettare di Luce. Poesia nata per il dolore che, la perdita di mio padre, noto a tutti i turisti che dal dopoguerra fino a circa 18 anni fa hanno frequentato Roccaraso, come lo Sceriffo, mi causò. Sicurante versi fatti di ricordi, di dolore, di amore trasmesso per Roccaraso da un padre nato povero, cresciuto senza suo padre e adottato e amato da Roccaraso, ad una figlia. Qualcuno potrebbe asserire che sono di parte, ma la storia del mio paese, talmente è bella, sofferta, importante, singolare ed autoritaria che la realtà dei fatti è incontrovertibile.

Da giorni la parola Roccaraso è stata abbondantemente abusata, distrutta, dileggiata e messa in piazza, come se di punto in bianco la sua storia non contasse più nulla, la sua capacità ricettiva buttata alle ortiche, anni e anni di miglioramento impiantisco azzerati.

Giova ricordare che quella che oggi è nota a tutti come Roccaraso portava, in passato, il nome di Rocca Rasini e lo prendeva dal torrente Rasinus, intorno al quale sorse intorno all’anno mille. Utile rendere noto che nel 1698    era la madre del teatro Angeloni, uno dei teatri civili più antico d’Abruzzo, il patologo Tommaso Salvatore è figlio di questa terra, nobili, politici, autorità militari e civili di rilevo hanno sciato e amato   Roccaraso, cambiandone il corso della storia. Nel 1910 a Roccaraso si disputava la prima gara internazionale di sci, più di cento anni di tradizione ed esperienza sciistica, il resto è noia! La linea ferroviaria Sulmona-Isernia agevolò i rapporti con la Campania e il Lazio centinaia di anni addietro; pertanto, la storia fra Roccaraso e la Campania ha radici lontane, profonde e di spessore, che poco hanno a che vedere con quanto accaduto in questi fine settimana.

Sicuramente la minestra è riscaldata, la questione è risaputa, mi sovviene, a tal proposito, un episodio legato alla mai adolescenza, ai tempi in cui, a Roccaraso si tenevano, ancora, le chiavi alla porta. In una equivalente domenica di quella appena trascorsa, di almeno trent’anni addietro, un gruppo di ragazzi scesi da uno dei tanti pullman giunti dalla Campania e, sempre depositati nei pressi della statale, ben pensarono, aiutati dalla chiave nella toppa, di fare razzia delle giacche che la mia famiglia teneva depositate nell’ingresso. Pertanto, se è vero che la ferita non rimargina è altrettanto vero che prima di tacciare un paese intero, i suoi amministratori, i gestori delle attività ricettive di ogni tipologia di incompetenza, è necessario comprendere e analizzare la portata del tutto. Un simile assalto avrebbe fatto tremare i polsi persino a città dotate di più parcheggi, più infrastrutture e più servizi igienici.

Certi numeri se concentrati in un paese di poco più di mille abitanti che, già ospita migliaia di turisti abitudinari e affezionati in seconde case e, in strutture alberghiere che, si aggirano intorno alle quaranta unità, non possono non generare caos e intasamenti.

Facile dare colpe a Roccaraso, difficile chiedersi con che criterio si abbandonano migliaia di persone su una strada statale esponendole a innumerevoli rischi, complicato chiedere a chi organizza queste gite fuori porta, dove pensano possano allocarsi le persone da loro trasportate, Roccaraso non è uno stabilimento balneare dotato di ombrelloni o di spiagge libere nei pressi dei luoghi di arrivo dei pullman.

La zona in cui vengono “abbandonate” le persone è nei pressi del  centro abitato che a sua volta, dista dagli impianti di risalita circa otto chilometri, raggiungibili solo con autovetture private o navette,  un centro abitato dove vi sono alberghi non prenotati da chi arriva, bar e ristoranti che pagano l’acqua dei servizi igienici che i gitanti di un giorno esigono e, che, può capitare, non abbinino neppure alla consumazione di un caffè, cittadini che vorrebbero uscire di casa per andare a messa la domenica, ma non possono perché sarebbero sommersi da una massa di persone allo sbaraglio che a loro volta sono state ingannate da chi gli ha venduto una neve che, spesso in paese neppure vi è, a causa dei cambiamenti climatici in corso a livello planetario. Chi andrebbe additato quindi?

A distanza di giorni dall’accaduto, sui social, ancora, rimbalzano locandine di organizzazione per raggiungere Roccaraso nei prossimi weekend, volti noti sui social “minacciano” presenze raddoppiate per i prossimi fine settimana, questo è sleale, non rispettoso, la neve è pane, non va calpestata in questo modo! La differenza fra oggi e il giorno in cui furono rubate le giacche in casa mia? I social e il loro utilizzo deviato! La vendita di una giornata di neve a persone che spesso ignorano le condizioni logistiche che le aspettano, questo è da colpevolizzare, perché Roccaraso non è, e per fortuna non sarà mai una metropoli, è una località sciistica di montagna, come tante altre le cui dimensioni sono il valore aggiunto.

Non si tralasci di rilevare la superficialità con cui si condividono video di poca qualità, privi di contenuti. Tutti a etichettare Roccaraso, i suoi limiti e le sue incapacità, pochi, se non pochissimi di quelli che postano sciocchezze che abbiamo pensato all’ordine pubblico, alla garanzia di soccorsi adeguati se necessari, alla necessità di poter intervenire se si dovessero generare diverbi o risse far le migliaia di persone depositate in maniera irregolare lungo la strada, perché tali condizioni di “abbandono” per tante ore nello stesso giorno portano all’esasperazione, al non controllo. Poi, davanti all’irreparabile, si potrebbero versare solo lacrime di coccodrillo.

A questo stanno lavorando, sindaci, presidente della provincia, prefetto e forze dell’ordine. Certo, se decidessero di non far transitare pullman, di contingentare in qualche modo il tutto, sarebbero sicuramente, tacciati di essere “razzisti”, di non volere un certo tipo di turismo, di essere radical chic. Incolpare è facile decidere e avere gli attributi per farlo con cognizione di causa è ben altra cosa. 

Roccaraso è Medaglia d’Oro al Valor Militare perché la sua popolazione ha compiuto e vissuto scarifichi indicibili, indimenticabile l’Eccidio dei Limmari nella frazione di Pietransieri. Roccaraso custodisce e commemora ogni anno, presso il sacrario di Monte Zurrone, i circa 145.000 caduti durante la Seconda guerra mondiale, a cui non fu possibile dare degna sepoltura. Roccaraso ha ospitato ed ospiterà mondiali junior di sci, campionati di pattinaggio, competizioni di Hockey internazionali, ha partecipato e parteciperà a fiere turistiche internazionali, tutto è sicuramente perfettibile, guai se si pensasse di aver raggiunto l’olimpo. Il fatto che si debba e si possa fare meglio non autorizza a ferire cittadini, amministratori e titolari di attività, non può far rivoltare nella tomba gente che, come mio padre ha sudato sette camicie perché Roccaraso divenisse Roccaraso.

Un tempo, uomini semplici e lavoratori come mio padre, conducevano i turisti presso i primi impianti di risalita, con slitte trainati da cavalli, questa è la tradizione turistica di Roccaraso, null’altro! Molti di quelli che oggi condividono video, fanno titoli, creano post o locandine poco corrispondenti alla realtà, offensivi ed irrispettosi del lavoro e della dignità di anni di un’intera popolazione, quando i nostri avi, poveri e senza cibo, si rimboccavano le mani e iniziavano a tirare su alberghi e condomini, dopo la furia devastatrice della Seconda guerra mondiale, probabilmente stavano facendo le prime poppate dal seno materno.

Ogni fiocco di neve che cade su Roccaraso è una benedizione, è il ricordo di chi non c’è più, di chi ha lavorato notte e giorno sotto la neve affinché i turisti venissero accolti e coccolati, turisti che dal loro canto non abbandonavano rifiuti, turisti che sono divenuti storia e realtà di Roccaraso, turisti che la amano più dei roccolani stessi, questa è Roccaraso e la sua gente, questa è Roccaraso Mia e Tua, il resto è sleale!

Cesira Donatell

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