Giornata importante oggi per Sulmona che ospiterà la visita del Presidente Sergio Mattarella. “Fascino di una città” è uno scritto di diversi anni addietro ma sempre di grande attualità, del prof. Giuseppe Bolino, uomo di cultura raffinato e uomo delle istituzioni, rigoroso e attento, ma soprattutto un grande sulmonese. Uno scritto mai sbiadito nel tempo. Affidiamo al significato del suo pensiero la rappresentazione più sincera dei sentimenti di una comunità per salutare il Presidente della Repubblica verso il quale Sulmona, nonostante le sue difficoltà, e le sue debolezze, si aggrappa tenacemente
FASCINO DI UNA CITTA’ Si è sempre benvenuti a Sulmona, città ospitale languida e dolcissima, rinserrata e dilagante dentro, ed oltre la sequela delle porte antiche, che s’aprono come bocche socchiuse dei suoi otto borghi- reticolo speciale dipanantesi da un centro invisibile verso la fascia dei poderi e dei tratturi ormai cancellati dal progresso- contro la chiostra ormai tenace ed aspra delle montagne appenniniche, città senza sussiego per la sua storia secolare dalle radici ramificate nel mito e pur senza affanno per la sua recente modernità sociale dove le fabbriche ancora si incespugliano nella campagna su cui incombono le colline e le strade asfaltate sono ancora arginate da reliquie di siepi abbandonate.
Terra senza orgoglio, se l’orgoglio è ruvida veemenza e rancore inconsolabile per un ruolo perduto nel tempo, ma provincia nobile e suggestiva discreta con la quale custodisce le sue memorie, le cose e le immagini, le pietre spugnose di bianco calcare, nella penombra delle piazzette e dei vicoli silenziosi, i capitelli sagomati di figure e di simboli, sui davanzali e nelle cripte, le umide botteghe ormai desolate, i palazzi carichi di fastigio medioevale, l’ombroso ordito urbano, sinuoso e compatto, di metà settecento, la piazza maggiore dilatata come un ventre enorme col barocchetto di S.Chiara e l’ispida guglia di S. Agostino, le chiese solenni e monumentali dai portali fasciati di colonne con grande rosone e le bifore leggere che s’aprono alla luce, con stupenda geometria ed al centro come una spina robusta il corso che sghembo s’insinua a saturare gli spazi.
Valva complessa e chiusa che s’innesta con nuove aree, dense d’insediamenti scaglionati secondo volumi e moduli risaputi, mediante un gigantesco ponte che s’incurva come una freccia snellissima sulla fenditura del torrente Vella che dilaga incontro all’Aterno, filtrano per la barriera ariosa dei pioppeti, a far da cerniera col vasto pianoro sul quale precipita il Morrone grigio e glabro con le sue pietraie.
Cuore, passione e nostalgia, tenera madre che ha generato una discendenza innumerevole di contadini, di pastori, di terrazzieri, di artigiani, di professionisti che la crudele necessità ha sparso in tutto il mondo, lungo strade faticose e frontiere lontane, di erba e di acqua, patria di tanta civilissima tolleranza ma anche di ribellioni sdegnose e beffarde contro la legge del sopruso e della rassegnazione.
Si è sempre benvenuti a Sulmona per vivere. Come per un momento magico, nell’accogliente silenzio di ricordi e di suggestioni, evocati dalla natura, dai paesaggi, dai monumenti, dalle lapidi, di indimenticabili magistrati e umanisti e filosofi e soprattutto dallo spirito della poesia ovidiana e dalla gloria della santità celestiniana ma pur nel mezzo- come al centro di una sapiente amicizia- di solidale, chiassosa, confidenziale, cordialità.
Giuseppe Bolino