Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino ucciso dalla mafia 30 anni fa, guarda Palermo senza alcun rancore. “Non è questa città che ha ucciso mio padre e Giovanni Falcone. Sono passati 30 anni e ormai ci siamo rassegnati all’idea che noi familiari di tutte le vittime delle stragi non avremo mai una verità giudiziaria. Perché nessuno ha voluto guardare dove si doveva guardare da subito: a quel palazzo di giustizia covo di vipere, come lo chiamava mio padre. Lui e Giovanni Falcone, almeno nell’ultimo anno della loro vita ne avevano piena consapevolezza”, afferma in un’intervista a Repubblica.
“Dopo la strage di Capaci disse a mia madre: ‘La mafia ucciderà anche me quando i miei colleghi glielo permetteranno, quando Cosa nostra avrà la certezza che adesso sono rimasto davvero solo””, ricorda. E così è stato? “Senza dubbio”, commenta Fiammetta Borsellino. “C’è stata la mano armata di Cosa nostra ovviamente ma anche chi a questa mano armata ha spianato la strada, consegnando le teste di Falcone e Borsellino su un piattod’argento. L’ormai famosa convergenza di interessi di cui parlava Falcone. Io oggi da figlia sono consapevole che mio padre è morto perchè è stato abbandonato dai suoi colleghi”, aggiunge. Le parole della figlia del magistrato sono molto dure. “E dirò anche di più. Fin quando siamo stati zitti, il salone di casa nostra era pieno di presunti amici di mio padre che venivano a raccontare balle a mia madre. Da quando invece io ho deciso di parlare, di dire senza peli sulla lingua che le responsabilità delle stragi di Capaci e via D’Amelio sono a più livelli, da quel momento ci siamo improvvisamente ritrovati soli”, sottolinea. “Di tutto quello stuolo di magistrati che ci stava attorno non si vede più nessuno”.
1 Commento
Fiammetta Borsellino lancia accuse terribili.
Ma è credibile una complicità della magistratura con la criminalità organizzata?