L’Aquila, 28 agosto L’elicottero con a bordo il Pontefice e’ atterrato in piazza Armi. Le condizioni meteo con una leggera nebbia hanno impedito l’arrivo allo Stadio Gran Sasso, come previsto in un primo momento.
Accompagnato dal cardinale Petrocchi, il Santo Padre entra in Duomo per una visita privata. Quindi, sul sagrato, Papa Francesco incontra i familiari delle vittime del terremoto del 6 aprile del 2009, le autorita’ e i cittadini presenti e rivolge loro un saluto.
Al termine, Bergoglio si congeda e si trasferisce in auto alla Basilica di Santa Maria in Collemaggio per la celebrazione della messa, la recita della preghiera dell’Angelus e il rito dell’apertura della Porta
Santa.
PAPA A L’AQUILA: VICINANZA A FAMIGLIE VITTIME DEL TERREMOTO
“Abbraccio con affetto tutta la citta’ e la diocesi dell’Aquila”. Lo afferma Papa Francesco salutando le famiglie delle vittime incontrate questa mattina a L’Aquila in una piazza Duomo gremita. “In questo momento di incontro con voi, in particolare con i parenti delle vittime del terremoto – ha detto il Pontefice – voglio esprimere la mia vicinanza alle loro famiglie e all’intera vostra comunita’, che con grande dignita’ ha affrontato le conseguenze di quel tragico evento”. Francesco ha ricordato che Gesu’ “raccoglie nel suo cuore misericordioso. In quel cuore – ha proseguito – sono scritti i nomi dei vostri cari, che sono passati dal tempo all’eternita’. La comunione con loro e’ piu’ viva che mai. La morte non puo’ spezzare l’amore”.
Il PAPA HA APERTO LA PORTA SANTA DELLA PERDONANZA AQUILANA
Papa Francesco ha aperto la Porta Santa con tre colpi bastone e si e’ diretto alla cappella dove sono conservate le spoglie di Celestino V.
E’ il primo Pontefice in 728 edizioni della Perdonanza aquilana. Dopo aver proclamato le formule di rito, il Pontefice ha battuto tre volte sul portone della basilica di Santa Maria di Collemaggio con il bastone d’ulivo del Getsemani, consegnatogli dal sindaco de L’Aquila Pierluigi Biondi.
LEGNINI LO RINGRAZIA PER VISITA AQUILA, ‘CI SPRONA ALL’IMPEGNO’
Spiegando il signficato della visita di Papa Francesco a L’Aquila Giovanni Legnini, Commissario Straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici, ha detto che “Pace e perdono sono le parole chiave del messaggio del Papa oggi alla 728esima Perdonanza a L’Aquila. Consapevolezza della propria miseria e della bellezza della Misericordia: è ciò che le persone vivono a causa delle guerre, dei terremoti e di ogni altra catastrofe nel momento della sofferenza e come stimolo per la ripartenza. Grazie Papa Francesco per un messaggio che tocca il cuore e ci invita alla riflessione e all’impegno”.
LA VISITA DEL PAPA:IL SINDACO, ‘L’AQUILA CAPITALE DELLA PACE’
“Papa Francesco ha eletto L’Aquila capitale del Perdono e della Pace: non poteva esserci investitura più potente di quella che ci ha regalato oggi il Santo Padre. Ma Francesco ci ha consegnato anche una lettura storica e di spessore morale e spirituale: Celestino non è stato l’uomo del no, ma del sì. Quindi, non il Papa del gran rifiuto, ma il Papa che ha saputo interpretare il Vangelo attraverso la forza degli umili che lui tanto amava”.Lo ha detto i sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, salutando la visita di Papa Francesco oggi a L’Aquila in occasione della 728esima Perdonanza celestiniana
L’OMELIA DI PAPA FRANCESCO
L’omelia del Santo Padre Francesco durante la Santa Messa celebrata sul piazzale antistante la Basilica di Collemaggio: “I Santi sono un’affascinante spiegazione del Vangelo. La loro vita è il punto di vista privilegiato da cui possiamo scorgere la buona notizia che Gesù è venuto ad annunciare, e cioè che Dio è nostro Padre e ognuno di noi è amato da Lui. Questo è il cuore del Vangelo, e Gesù è la prova di questo Amore, la sua incarnazione, il suo volto. Oggi celebriamo l’Eucaristia in un giorno speciale per questa città e per questa Chiesa: la Perdonanza Celestiniana. Qui sono custodite le reliquie del santo Papa Celestino V. Quest’uomo sembra realizzare pienamente ciò che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,18). Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come “colui che fece il gran rifiuto”, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è stato l’uomo del “no”, è stato l’uomo del “si”. Infatti, non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili. Proprio perché sono tali, gli umili appaiono agli occhi degli uomini deboli e perdenti, ma in realtà sono i veri vincitori, perché sono gli unici che confidano completamente nel Signore e conoscono la sua volontà. È infatti «ai miti che Dio rivela i suoi segreti. […] Dagli umili egli viene glorificato» (Sir 3,19-20). Nello spirito del mondo, che è dominato dall’orgoglio, la Parola di Dio di oggi ci invita a farci umili e L’umiltà non consiste nella svalutazione di sé stessi, bensì in quel sano realismo che ci fa riconoscere le nostre potenzialità e anche le nostre miserie. A partire proprio dalle nostre miserie. l’umiltà ci fa distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a Dio, Colui che può tutto e ci ottiene anche quanto da soli non riusciamo ad avere. «Tutto è possibile per chi erede» (Me 9,23). La forza degli umili è il Signore, non le strategie, i mezzi umani, le logiche di questo mondo. In tal senso, Celestino V è stato un testimone coraggioso del Vangelo perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è la Misericordia. Questa è il cuore stesso del Vangelo, perché la misericordia è saperci amati nella nostra miseria. Essere credenti non significa accostarsi a un Dio oscuro e che fa paura. Ce lo ha ricordato la Lettera agli Ebrei: ««Non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola» (12,18-19). Noi, cari fratelli e sorelle, ci siamo accostati a Gesù, il Figlio di Dio, che è la Misericordia del Padre e l’Amore che salva. L’Aquila, da secoli, mantiene vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato. E il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati e sperimentare qui e ora ciò che più si avvicina alla risurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia. Che questo tempio sia sempre luogo in cui ci si possa riconciliare, e sperimentare quella Grazia che ci rimette in piedi e ci dà un’altra possibilità. Sia un tempio del perdono, non solo una volta all’anno, ma sempre. E cosi, infatti, che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato. Cari fratelli e care sorelle, voi avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi. Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria. Ognuno nella vita, senza per forza vivere un terremoto, può, per cosi dire, fare esperienza di un “terremoto dell’anima”, che lo mette in contatto con la propria fragilità, i propri limiti, la propria miseria. In questa esperienza si può perdere tutto, ma si può anche imparare la vera umiltà. In tali circostanze ci si può lasciar incattivire dalla vita, oppure si può imparare la mitezza. Umiltà e mitezza, allora, sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia. C’è però un campanello d’allarme che ci dice se stiamo sbagliando strada, ed è il Vangelo di oggi a ricordarcelo (cfr Le 14,1.7-14). Gesù è invitato a pranzo a casa di un fariseo e osserva con attenzione come molti corrono a prendere i posti migliori a tavola. Questo gli dà lo spunto per raccontare una parabola che rimane valida anche per noi oggi: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te. e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto» (vv. 8-9). Troppe volte si pensa di valere in base al posto che si occupa in questo mondo. L’uomo non è il posto che detiene, ma la libertà di cui è capace e che manifesta pienamente quando occupa l’ultimo posto, o quando gli è riservato un posto sulla Croce. Il cristiano sa che la sua vita non è una carriera alla maniera di questo mondo, ma una carriera alla maniera di Cristo, che dirà di sé stesso di essere venuto per servire e non per essere servito (ctr Mc 10.45). Finché non comprenderemo che la rivoluzione del Vangelo sta tutta in questo tipo di libertà, continueremo ad assistere a guerre, violenze e ingiustizie che altro non sono che il sintomo esterno di una mancanza di libertà interiore. Lì dove non c’è libertà interiore si fanno strada l’egoismo, l’individualismo, l’interesse, la sopraffazione. Fratelli e sorelle che L’Aquila sia davvero capitale di perdono. di pace e di riconciliazione! Sappia offrire a tutti quella trasformazione che Maria canta nel Magnificat: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Le 1.52): quella che Gesù ci ha ricordato nel Vangelo di oggi: «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Le l4.11). E proprio a Maria, da voi venerata con il titolo di Salvezza del popolo aquilano, vogliamo affidare il proposito di vivere secondo il Vangelo. La sua materna intercessione ottenga per il mondo intero il perdono e la pace.
ANGELUS
La preghiera dell’Angelus pronunciata dal Santo Padre Francesco al termine della Santa Messa, prima dell’apertura della Porta Santa: “Al termine di questa celebrazione, ci rivolgiamo alla Vergine Maria con la preghiera dell’Angelus. Prima però desidero salutare tutti voi che avete partecipato, anche quanti hanno dovuto farlo a distanza, a casa o in ospedale o in carcere. Ringrazio le Autorità civili per la loro presenza e per lo sforzo organizzativo. Ringrazio di cuore l’Arcivescovo e gli altri Vescovi, i sacerdoti, le consacrate e i consacrati, le famiglie, il coro e tutti i volontari, come pure le Forze dell’ordine e la Protezione civile. In questo luogo, che ha patito una dura calamità, voglio assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del Pakistan colpite da alluvioni di proporzioni disastrose. Prego per le numerose vittime, per i feriti e gli sfollati, e perché sia pronta e generosa la solidarietà internazionale. Ed ora invochiamo la Madonna affinché, come dicevo al termine dell’omelia, ottenga per il mondo intero il perdono e la pace. Preghiamo per il popolo ucraino e per tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre. Il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia. Maria, Madre di misericordia e Regina della pace, prega per noi”.