Aquilano d’origine, 95 anni, è deceduto nella sua casa nei pressi di Broadway, assistito dalla figlia Valentina
L’AQUILA – Stamattina alle 9 e un quarto (le 3:15 a New York) per telefono mi giunge la notizia della morte di Mario Fratti, avvenuta qualche minuto prima nella sua casa sulla 55^ strada a Manhattan, a pochi passi da Broadway. Sua figlia Valentina, che l’ha assistito amorevolmente, mi ha informato della dipartita, pregandomi di attendere a darne notizia, fino al suo assenso arrivato due ore fa. Scrivo con commozione queste annotazioni su Mario Fratti, amico fraterno con il quale tra noi scompariva la differenza di età (avrebbe compiuto 96 anni il prossimo 5 luglio), per la freschezza del suo entusiasmo giovanile, della sua gioia di vivere, della straordinaria sensibilità e curiosità culturale. Ero stato da lui per una settimana nell’ottobre dello scorso anno, ospite a casa sua come tante altre volte, dopo tre anni di pandemia. Avevamo parlato di tante cose, soprattutto era curioso di avere notizie della sua città natale, L’Aquila, che tanto ha amato. Le difficoltà di deambulazione non avevano incrinato il suo morale, manteneva l’indole forte che ha sempre avuto.
Gli ricordavo sempre che aveva garanzia di vivere in buona salute almeno fino a 99 anni. Lui stesso mi aveva raccontato che era andato in Russia, a San Pietroburgo, dove rappresentavano una delle sue opere, una quarantina di anni fa. Mentre girava per la bella città, in una piazza fu avvicinato da una donna che gli chiese se poteva leggergli la mano. Anziché scostarla, come di solito si fa, con la sua vivace curiosità le stese la mano. La zingara, “leggendo” le pieghe sul palmo della mano, interpretò che avrebbe vissuto a lungo e in buona salute fino a 99 anni. Mario restò sorpreso di quella buona previsione di vita e anche della singolarità del numero degli anni, per lui aquilano il 99 è numero fortunato, legato alla tradizione della città. Quando mi raccontò questo fatto aggiunse: “Quella donna fu molto contenta, si sorprese che le avevo dato una buona mancia in rubli. Ma se la meritava!”
Mario Fratti è stato un punto di riferimento nella vita culturale di New York, dove tutti lo conoscono per nome. L’ha frequentata intensamente fino all’arrivo della pandemia, che è stato esiziale per lui, abituato a frequentare teatri e circoli culturali, costringendolo invece in casa per quasi tre anni e privandogli l’attività di critico teatrale e di assiduo operatore culturale in tante importanti associazioni di cui era figura di spicco. Mario ricordava sempre con molto piacere la festa a sorpresa che nel 2007 gli organizzò il Comune dell’Aquila insieme al Teatro Stabile Abruzzese per i suoi 80 anni e quella che il Consiglio Regionale gli tributò per i suoi 90 anni. Erano stati due eventi che considerava autentici privilegi e che aveva apprezzato più d’ogni altro riconoscimento, egli che ne ha avuti in gran copia in tutto il mondo.
Legata al caso la circostanza che lo portò negli Stati Uniti. Nel 1962 aveva presentato al Festival di Spoleto il suo atto unico “Suicidio”. Piacque a Lee Strasberg, che lo invitò a rappresentarlo all’Actor’s Studio di New York. In quella fucina delle avanguardie teatrali fu un vero successo. Poi ne seguirono tanti altri di successi. Le sue opere, tradotte in 21 lingue, sono state rappresentate in 600 teatri di tutto il mondo. Dall’America all’Europa, dalla Russia al Giappone, dal Brasile alla Cina, dal Canada all’Australia. Esse si connotano per l’immediatezza della scrittura teatrale, asciutta e tagliente come la denuncia politica e sociale senza veli che vi si trasfonde. Fratti ha scritto drammi, commedie, un romanzo e un libro di poesie. Ma anche un musical. Nine, tratto da una sua commedia scritta nel 1981 e liberamente ispirata dal film 8½ di Federico Fellini, è diventata un musical di successo di pubblico e di critica, con oltre duemila repliche. L’ultimo revival, con Antonio Banderas interprete, è rimasto per molti mesi in cartellone al teatro Eugene O’ Neil, a Broadway. Negli Stati Uniti ci sono state 36 produzioni di Nine; una a Londra, una a Parigi ed una a Tokyo. Molti i riconoscimenti all’autore teatrale, fanno un elenco lunghissimo. Si citano tra gli altri il premio Selezione O’ Neil, il Richard Rogers, l’Outer Critics, l’Heritage and Culture, l’Otto Drama Desk Awards e ben sette “Tony Award”, che per il teatro sono come gli Oscar per il cinema.
Si potrebbero scrivere tante altre cose per ricordare Mario Fratti. Il 23 aprile 2016, dopo che con il poeta Joseph Tusiani avevano festeggiato qualcosa con il grande poeta italoamericano d’origine pugliese, nato a San Marco in Lamis, si erano reciprocamente dedicati una poesia. Mario mi mandò le foto di quella festicciola e i testi delle poesie. Me le affidò, chiedendomi di pubblicarle quando loro due, Tusiani e Fratti, non ci sarebbero stati più. Chiudo questo ricordo di Mario Fratti rispettando proprio quel suo desiderio.
A Mario Fratti
Mario, ti chiedo qual mai raggio vivo
circonferenza a centro ancor congiunga,
che’ quasi con intuito giulivo
sai misurare l’ora breve e lunga,
tu che in tal modo cogli istante ed anno,
ritmo di tempo e risonanza eterna.
Io sento e tu fotografi l’affanno
Che dalle umane menti si squaderna;
tu numeri le lagrime ch’io tergo,
io curo le ferite che tu conti;
io di mia fede mi fo salvo usbergo
e tu fra bene e male innalzi ponti.
Forse ci unisce quello che non siamo
e vorremmo essere: il perfetto Adamo.
Joseph Tusiani
A Joseph Tusiani
Nella giungla di New York
un nido di poesia.
Gli dico:
“Se Dio esiste,
al mio tramonto, mi accetterà,
perché amo ed aiuto il prossimo
come Lui comanda”.
Sorride.
Accetta.
Lui ha fede.
Ha una storia miracolosa.
I primi vent’anni,
solo con la sua santa Madre, in Italia.
L’angosciato genitore tentava la difficile
avventura Americana.
Dopo vent’anni di duro lavoro
invito in America.
Affetto e tenerezza;
nasce il fratellino.
Dal cuore di Joseph Tusiani
sgorgano fiumi di sofferte poesie.
Dal dolore nasce bellezza.
L’eternità della sua poesia.
Mario Fratti