E’ morto questa mattina all’ospedale di Sulmona dove era stato ricoverato per un intervento chirurgico il prof. Mario Setta, 85 anni scrittore, studioso, e collaboratore instancabile del nostro quotidiano on line.
Ha frequentato Liceo e Teologia a Bologna. Ordinato sacerdote nel 1962. Ha svolto attività pastorale a Roma e pubblicato il libro Cristo ha le mani sporche. Parroco a Badia di Sulmona. Laureato in Sociologia e Filosofia è stato “sospeso a divinis”. Ha insegnato al Liceo scientifico “Fermi” di Sulmona e diretto il Laboratorio di Storia curando la pubblicazione delle opere: E si divisero il pane che non c’era, Il sentiero della libertà. Un libro della memoria con Carlo Azeglio Ciampi(Laterza, 2003) e le traduzioni delle memorie degli ex-prigionieri alleati del Campo 78 di Sulmona. Ha pubblicato con Maria Rosaria La Morgia Terra di libertà ed è cofondatore dell’associazione culturale “Il Sentiero della Libertà/Freedom Trail”. Ha pubblicato un’autobiografia, Il volto scoperto e un libro teologico-poetico di critica al dogma del peccato originale, HOMO, Elogio di Eva, con postfazione di Maria Rosaria La Morgia. (N.C.)
Le testimonianze
Intervista a Mario Setta
Storia di un ex prete abruzzese
L’ultima Messa. Diciassette anni da prete e l’arrivo ai piedi del Morrone. L’esperienza di un uomo tra uomini. Così Mario Setta, ex sacerdote, una vita dedicata all’insegnamento e allo studio della storia e della filosofia, ha deciso di raccontarsi. Lo fa nel libro “Il volto scoperto” (edizioni Qualevita – Torre dei Nolfi), che sarà presentato domani alle 17 all’auditorium dell’Agenzia di Promozione Culturale di Sulmona E’ la storia di Mario Setta, uno dei tre sacerdoti considerati “scomodi” nella Valle Peligna degli anni Settanta. Insieme a lui c’erano Pasqualino Iannamorelli e Raffaele Garofalo. Anche a loro è dedicato il libro. A fare da spartiacque è la celebrazione dell’ultima messa, il 7 aprile 1979, alla Badia di Sulmona. E’ con questa immagine che si apre il libro. Poi, attraverso continui flash-back, Setta ripercorre la nascita della sua vocazione a Bussi sul Tirino, la formazione nel seminario di Bologna. L’ordinazione sacerdotale e la prima scelta di campo: a Roma come prete-operaio seguace di don Milani. Qui l’apertura di case-comunità per studenti e operai. Quindi l’arrivo in Valle Peligna, nel 1970. Sacerdote di una piccola comunità parrocchiale. Dall’esercizio pastorale viene però sospeso. Per aver avuto un atteggiamento non in linea con quanto prescritto dalla Chiesa-istituzione, su temi centrali quali quello delle tariffe per la celebrazione dei sacramenti. Per aver parlato di libertà di fronte a temi politici importanti quali le leggi sul divorzio o sull’aborto.
Sospensione che diventa “a divinis”, nel 1982, quando si candida a Sulmona nelle liste del Pci. Ma nel libro Setta parla anche delle difficoltà a rientrare nella vita “normale” e accedere all’insegnamento scolastico per un ex sacerdote, accompagnando il suo racconto con una continua riflessione su temi delicati come il ruolo della Chiesa oggi, l’amore, il sesso, la politica.
Professor Setta, perché ha deciso di “scoprire il suo volto” in questo libro?
«Sono passati più di trent’anni da quando ho celebrato l’ultima Messa, il 7 aprile 1979, alla Badia di Sulmona. Sto correndo verso i 75 e penso sia utile raccontarmi».
Emblematica l’immagine scelta per la copertina.
«E’ opera dell’amico e collega Luciano De Dominicis: un piccolo capolavoro che, in una visione cristocentrica di ri-nascita, delineando i volti dei progenitori nella “Cacciata dal paradiso terrestre” di Masaccio, offre spunti suggestivi alle tematiche del libro».
Diciassette anni da prete: tra i tanti episodi di cui parla nel libro, ne scelga uno.
«Come dimenticare quel 9 maggio 1974, l’evasione dal carcere di Horst Fantazzini. Ero nella casa parrocchiale della Badia. Sentii dei passi. Era Fantazzini, aveva la pistola in mano. Restai impietrito. Era fuggito dal vicino carcere e mi chiese di nasconderlo. Fortunatamente finì senza spargimento di sangue».
Qual è oggi il suo rapporto con Cristo e con la Chiesa?
«Parlo di un cristianesimo dal volto umano. Cristo si rivolge all’uomo, dovrebbe essere il modello dell’umanità. Non può essere ridotto a feticcio. Il problema numero uno è quello della libertà: la verità vi renderà liberi. Il punto non è “salvare la Chiesa”, ma testimoniare Cristo e il messaggio di libertà che ha dato agli uomini».
Nel libro parla anche di momenti di profondo sconforto che hanno accompagnato il suo percorso.
«Sì, e in quei momenti solo lo studio mi ha dato la forza. C’è una frase di monsignor Bruno Forte che mi piace molto: “In questo tempo di penuria di speranze in grande, più che mai la vera differenza non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti».
Affronta anche quelle tematiche che l’hanno portata allo scontro con la Chiesa-istituzione: il peccato originale, il divorzio, l’aborto, le tariffe per funzioni religiose, la politica. Teme reazioni?
«Sono consapevole di poter incorrere nella scomunica, come è accaduto ad altri miei colleghi-confratelli. Penso che sarebbe un provvedimento non solo anacronistico, ma insensato, perché continuerebbe ad ostacolare quell’avvento del “nuovo cielo e nuova terra”, di cui parla l’Apocalisse. Per di più dimostrerebbe che nella Chiesa Cattolica non viene tollerato neppure un gesto ingenuo, come questo, da povero untorello».
Il libro si chiude con un’esortazione bellissima: “Uomo, vieni fuori!”. Che vuole dire?
«Parto dall’immagine di Auschwitz, paradigma del male. E l’uomo, che muore con il male, deve ascoltare una sola voce, quella di Cristo in lacrime che, davanti alla tomba di Lazzaro, dice: “Uomo vieni fuori!”. La risurrezione che cos’è? E’ la risurrezione della vita che deve avvenire qui, su questa terra, per avere Cristo come modello ideale».
Un sentiero verso la libertà interiore ed umana. Un po’ come quello percorso dai prigionieri in fuga dal campo di prigionia di Fonte d’Amore nel 1943 a cui Setta ha dedicato molti studi. Metafora di una cammino. Storico e interiore al tempo stesso.
Annalisa Civitareale (18 novembre 2011)
IL CORDOGLIO DEL SINDACO DELLA CITTA’ G. DI PIERO
“La notizia della scomparsa di Mario Setta mi addolora profondamente. Avevo avuto notizia dalla Sig.ra Franca dell’improvviso manifestarsi di una malattia che , evidentemente, si è rivelata inesorabile. Con la sua dipartita, la Città rimane priva di uno straordinario protagonista della realtà sociale e culturale. Non posso dimenticare la sua esperienza di sacerdote vicino alle realtà marginali della società, maturata anche attraverso l’impegno come prete – operaio (minuziosamente ricostruito da Mario in volume autobiografico di qualche anno fa) come non posso non ricordare l’impegno politico, culminato nell’elezione al Consiglio Comunale di Sulmona.
Gli ultimi anni della sua vita, dedicati all’insegnamento delle discipline della Storia e della Filosofia, hanno segnato una fase di intensa attività in ambito culturale, concretatasi nella ricostruzione rigorosa ed appassionata delle vicende storiche cittadine durante il secondo conflitto mondiale. Dobbiamo alla sua intelligente ricerca la descrizione, sul piano storiografico, della “resistenza umanitaria” di Sulmona e della Valle Peligna, esitata nella istituzione, in collaborazione con altri, di una manifestazione di altissimo valore simbolico quale il “Freedom Trail”.
A titolo personale e a nome dell’Amministrazione Comunale, esprimo a Franca Del Monaco e ai familiari di Mario Setta i sensi del più profondo cordoglio e della sentita partecipazione al loro dolore”.
ll ricordo della Fondazione Brigata Maiella
“Con la scomparsa di Mario Setta viene meno uno dei più vivaci animatori culturali della nostra regione, nonché un fervido sostenitore delle battaglie per la conquista dei diritti civili. In genere controcorrente – ricorda il Presidente Mattoscio – Setta è stato una voce autorevole del dibattito pubblico, specie nella Valle Peligna, dove ha sempre rilevato con sottile coerenza le discrasie del reale con i principi della nostra Costituzione nata dalla Resistenza, nel cui alveo Mario stesso riconosceva l’impegno della Brigata Maiella come uno dei contributi più significativi”.
14 Commentii
Mi dispiace moltogran brava persona
Trovandomi lontano da Sulmona ho appreso solo oggi della scomparsa di Mario.La nostra città ha perso una gran brava persona.Desidero far perenire ai suoi familiari le piu’ sentite condoglianze
Ciao Mario tiricorderò sempre con immutato affetto e stima
L’idea e l’organizzazione de “Il sentiero della libertà” nacque nel liceo scientifico. Mi fu suggeritore l’ inglese , Roger Stanton. Presentandosi, mi disse che non era stato ricevuto dal preside del liceo classico e che qualcuno lo aveva indirizzato al liceo scientifico. L’0rganizzazione de “Il sentiero” fu di mia competenza, mentre Mario Setta, docente nella mia stessa scuola, ne curò la rievocazione storica. Alla prima edizione, in piazza Garibaldi, intervenne , sul palco, il Presiedente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che quel percorso aveva fatto insieme a Carlo Autiero ed altri, nel 1943,
Ricordo Mario, oltre che come storico, come appassionato studioso e critico della chiesa ufficiale,
Quella Chiesa che aveva abbracciato, con passione, a Roma, facendo assistenza umanitaria.
Ciao Mario, anzi Don Mario.
Per un lungo periodo le Parche ci hanno permesso di incontrarci in un luogo di formazione dei giovani: ognuno con le proprie idee, delusioni ,ma ache con ideali ancora vivi e con il desiderio di raggiungere degli obiettivi.
Bel periodo in quella scuola che ha tentato di tutto per quei giovani:
-E’ meglio scoprire che c’è il Sole…
-Celestino V a scuola ,a Scuola di Celestino…
…e quel Sentiero che avrebbe dovuto far comprendere il significato e l’importanza della parola Libertà.
Un Sentiero che ha trascinato il nostro liceo, perché era di tutti quelli che ci credevano, in un sogno :La Libertà da ricercare e da mantenere…
Grazie Mario, salutami Gina.
Il tempo che passa sottrae gli anni, gli amici, ma ti lascia i ricordi, le nostalgie, i rimpianti. Ciò che dovremmo temere di più non è l’incomprensione, ma l’oblio per tutto ciò che ci ha resi quello che siamo.( dal romanzo, Con i tuoi occhi , di Romano Battaglia).
Forse il meglio della vita sta in quel piccolo spazio segreto dove abitano le illusioni. Esse si fanno avanti ogni volta che le piante dei giardini del mondo si spogliano. Le foglie cadute, che il vento ha portato via, sono le illusioni svanite, quelle che rimangono adagiate sull’erba sono i nostri sogni.( dal romanzo, Con i tuoi occhi , di Romano Battaglia)
Mario ci ha lasciato, all’improviso. Lo ricordo con congrande stima e affetto.
Siamo stati nella stessa scuola, condividendo tante iniziative: traduzioni di libri inglesi sulla guera e sull’aiuto generoso degli italiani nei confronti dei prigionieri fuggiaschi e a rischio della vita. Abbamo condviso la visione di una scuols accogliente e volta ad aiutare i ragazzi in difficoltà, piuttosto che la scuola severamente selettiva. Abbiamo condiviso tanti progetti pedagogici e tante iniziative scolastiche.
Mario manca non solo a noi, ma alla città. Ricordo la sua assidua, lunga collaborazione a “Il corriere peligno”
Non lo dimenticheremo mai!
“L’arca, cioè la scuola, si fa con le cose amate, le cose pure e grandi. Quali sono queste cose senza le quali l’arca, cioè la scuola, non si fa e senza le quali l’arca s’incaglia o fa naufragio? E quali sono invece le zavorre di cui occorre liberarla? Ecco: per pensare una riforma, occorre pesare, suggerisce il poeta. Pensare infatti altro non è che dare il giusto peso alle cose, trattenere le pietre e la legna che servono a costruire e togliere sassi, ogni giorno, anche tu/ ma dal cuore.”….E non credo che a costruire si cominci dal fondo. Ne viene qualche immediato suggerimento. Per esempio: lasciamo stare per un po’ gli esami, che sono l’ultima cosa, cominciamo dal principio. Troviamo legna buona: si può ancora pensare che gli insegnanti si arruolino con un concorso, con un test a crocette che se va bene ci consegna qualcuno che ha studiato a memoria tutti i quiz pubblicati in rete? Possiamo pensare finalmente che gli insegnanti non sono come gli impiegati di qualche pubblico ufficio? Possiamo pensare a corsi universitari orientati all’insegnamento che prevedano un anno di pratica gomito a gomito con colleghi ed alunni e un esame finale che tenga conto del corso di laurea e del lavoro svolto sul campo? Come gli aspiranti medici imparano in corsia, gli aspiranti insegnanti dovrebbero crescere in aula e nei corridoi. Possiamo pensare per un momento che la formazione ogni tanto si faccia sulla materia che uno insegna? Corsi di informatica, corsi di sopravvivenza, corsi di salute pubblica, corsi di tutto e di niente: si può aiutare un insegnante a proporre Pascoli e Leopardi alle elementari e alle medie? Si può aiutare a costruire un curriculum in cui l’essenziale trovi nuovamente il suo posto? Cose che nella scuola di oggi sembrano miraggi, ma sono davvero quello che conta per chi impara: capire perché e come fare fatica, come impegnarsi nei preparativi per l’arca.
“SCUOLA/ La strana idea di Bianchi: aumentare le zavorre che frenano l’arca
Pubblicazione: 04.04.2022 – Corrado Bagnoli.
Tu, Caro Don Mario, la Tua Arca l’hai costruita.. nel tempo…attimo dopo attimo..giorno dopo giorno, delusioni ma anche.. è bellissima..ed ha un nome che è di tanti: Il Sentiero della Libertà.
Sono sicura che in questo ultimo tuo viaggio tu abbia..perso,come è tuo solito fare, il passaporto.Come al solito dei bellissimi Angeli hanno riportato il loro Don Mario nella sua Vera Casa..Salutami Bruno e la sua My Fair Lady( la scuola per tutti..che trasforme…in…)
Ovidio- Filemone e Bauci, il mito: virtù dell’ospitalità e amore eterno….
Il “tuo-” mito – E si divisero il pane che non c’era”…
Ti ricorderò?
Forse no…Importante è il ricordo degli altri… di quelli che seguiranno a leggere il Tuo mito…: E si divisero il pane che non c’era…
“A Sulmona avevo frequentato la scuola media, nell’edificio vicino alla villa comunale. Partivamo dalla stazione di Bussi che dista circa quattro chilometri dal paese, raggiungendola spesso a piedi o,
d’inverno, col camion della Montecatini. Arrivati alla stazione di Sulmona ci incamminavamo, sempre a piedi, lungo il viale che porta alla città. Ero contento. Eravamo contenti. Con la stozza, come chiamavamo il panino, e la cartella dei libri tra le mani si passava quasi tutta la giornata a scuola e sul treno. Andavamo tutti con icalzoncini corti. Anche d’inverno. Nei momenti liberi, giocavamo a calcio con qualche piccolo pallone fatto di stracci. Ci sentivamo importanti e privilegiati perché frequentavamo la scuola media e non l’avviamento professionale. Con la licenza media avremmo potuto iscriverci al ginnasio e al liceo.
In quegli anni, frequentavo molto la parrocchia. Ero un assiduo chierichetto. Quando, d’estate, andavo di mattino presto in campagna con mio padre, trovavo qualche scusa per allontanarmi, inforcare la
bicicletta e recarmi a servire la Messa. Al ritorno, mio padre mi sgridava, ma non gli dicevo che ero andato in chiesa. Durante l’anno scolastico di terza media feci anche un corso di esercizi spirituali, al seminario minore, organizzati dall’assistente dell’Azione Cattolica, don Mario Capodicasa. Li predicava un altro prete, di cui ricordo ancora il nome, don Fausto Vallainc. Ero fiero di imparare e di sentirmi sempre più un ragazzo di chiesa”(https://giuseppecapograssi.files.wordpress.com/2013/06/il-volto-scoperto-21.pdf) E’ bene leggere o rileggere ciò che Don Mario ha scritto…specialmente in questo periodo: La Settimana Santa
“Secondo un’antica tradizione tibetana, per purificare il nostro spirito e ritrovare l’equilibrio perduto dobbiamo camminare in solitudine per tre giorni di seguito nel bosco, osservando e ascoltando con attenzione ciò che avviene intorno a noi. Venni a conoscenza di questa pratica durante l’incontro con un eremita delle grandi altitudini che viveva sull’Himalaya, alle pendici della montagna di Dio. «Ogni passo che si muove su questa terra» spiegò l’uomo «dovrebbe essere una preghiera. Il tuo cuore, ogni cuore, ha in sé il potere di un’anima pura, che crescerà come fanno gli alberi se ti abbandonerai completamente a questa esperienza. La vita è un bosco senza confini: devi comprenderla e respirarla.» Il vecchio eremita disse che il bosco è un continuo fruscio di desideri legati al cielo:
qualcuno, rimasto per anni impigliato tra i rami e le foglie, può essere esaudito durante il cammino.
Nell’attraversare il bosco compiamo un viaggio dentro di noi. Un percorso che, con i suoi vicoli ciechi, le deviazioni improvvise e gli imprevisti, ci rivela un mistero.” Foglie è la storia di questo mistero.
Foglie- Romano Battaglia
La vera libertà è quella interiore, senza la quale non è possibile nessun altra libertà, né politica, né civile… Con la libertà interiore o realizzazione spirituale si acquisiscono nuovi organi di senso: nuovi occhi per “vedere” e orecchie per “ascoltare e comprendere…”Ecco il vero significato di quel Tuo Sentiero della Libertà… tra boschi e foglie ormai morte ..
Mah!!!
Suggestivo ed emozionante, quest’anno, il Coro della processione del CRISTO MORTO ….
Ho pensato a te, caro Don Mario Setta..
Riposa in pace..
Seneca – La vera amicizia – Libro I, lettera 3, Lettere a Lucilio
“Mi scrivi di aver consegnato delle lettere per me ad un amico: ma poi mi avverti di non metterlo a parte di tutto ciò che ti riguarda, poiché neppure tu sei solito farlo. Così nella stessa lettera affermi e neghi che egli ti è amico. Se hai usato quel vocabolo specifico con un significato generico e hai chiamato amico quel tale, come noi chiamiamo “onorevoli” i candidati alle cariche pubbliche, o come salutiamo con la parola “signori” le persone che incontriamo, se non ci viene in mente il nome, passi pure. Ma se stimi amico uno, e poi non hai in lui la stessa fiducia che hai in te stesso, commetti un grave errore e ignori il valore della vera amicizia. Prendi ogni decisione d’accordo con l’amico, ma prima sii ben sicuro di lui. Prima devi giudicarlo, ma, una volta che ha stretto l’amicizia, devi fidarti pienamente di lui. Applicano i doveri dell’amicizia quelli che, contro l’insegnamento di Teofrasto, si fanno giudici di uno, dopo avergli concesso il loro affetto; poi, quando l’hanno giudicato, rompono l’amicizia. Rifletti a lungo se devi accettare qualcuno fra i tuoi amici, ma, presa la decisione, accoglilo di tutto cuore: e, quando parli con lui, sii schietto come con te stesso. La tua vita sia così sincera che tu possa confidare anche al tuo nemico tutto quello che ti passa per la mente. Ma poiché ci sono fatti che si usa tenere nascosti, è l’amico che devi mettere a parte di tutti i tuoi pensieri e di tutte le tue preoccupazioni. Credi alla sua fedeltà: te lo renderai fedele. Alcuni, infatti, con la loro continua paura di essere traditi, invitano al tradimento: essi, con il loro atteggiamento sospettoso, creano quasi una giustificazione al peccato. Perché non dovrei dire tutto quello che penso in presenza dell’amico? Perché davanti a lui non dovrei sentirmi a mio agio, come quando sono solo? C’è chi suole narrare al primo che incontra ciò che si può confidare solo all’amico, e riversa in qualunque orecchio il peso dei suoi affanni. C’è chi, al contrario, ha paura che anche la persona più cara venga a conoscenza dei suoi segreti e li soffoca nel suo intimo, per tenerli nascosti, se fosse possibile, anche a se stesso. Bisogna evitare l’uno o l’altro eccesso: è male sia fidarsi di tutti, sia di nessuno: ma direi che il primo difetto è più onesto, il secondo più sicuro. Sono ugualmente da biasimare e quelli che sono sempre inquieti e quelli che sempre rimangono apatici. Infatti il continuo agitarsi di una vita tumultuosa non è sana operosità, ma irrequietezza di una mente esaltata; e il considerare molesta ogni attività non è vera quiete, ma sintomo di inettitudine. Tu terrai, dunque, bene in mente questo pensiero di Pomponio: “V’è chi vive così chiuso nel suo guscio, da vedere un oscuro pericolo in tutto ciò che sta alla luce del sole”: Occorre saper conciliare le due condizioni di vita: l’uomo che vive nella quiete sia più operoso, e l’uomo d’azione trovi il tempo per riposare. Tu segui l’esempio che ti dà madre natura: essa ha fatto sia il giorno che la notte. Addio.”
Addio caro collega, prof. Mario Setta.
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