SULMONA 1 novembre – Proprio così, ‘non c’è più religione‘ nell’Italia multietnica e in questo mondo squilibrato. Questa frase ci ricorda, in una rappresentazione comica della realtà, l’omonimo film commedia di Luca Miniero in cui, a causa del ridottissimo tasso di natalità, nell’immaginario paesino di Porto Buio e in occasione dei preparativi per il Presepe Vivente, il sindaco Cecco è costretto a chiedere «in prestito» un bambino alla folta comunità marocchina che vive sull’altro lato dell’isola…
E se non c’è più religione, manca il timore di Dio e – per come ci illustra Machiavelli – “Dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini o che sia sostenuto dal timore d’uno principe che sopperisca a’ defetti della religione”. Chi sarà dunque il nostro “principe azzurro”, dal momento che tutti coloro che si sono succeduti finora hanno fallito il loro scopo? In altre parole, secondo l’autore de Il Principe, abbiamo due alternative: andare in rovina o andare in cerca del giusto principe; cosa ben difficile dal momento che anche il nobile De Curtis (Totò) non è più tra di noi!
D’altronde, il concetto che chi ci comanda debba essere un buon ‘principe’ è di antica data, tant’è che non si discosta né poco né punto puranco dal pensiero esposto nella Summa Theologiae da San Tommaso d’Aquino. In essa si afferma che “la missione dell’autorità è la salus populi suprema lex, ma col superiore compito di spingere ognuno verso il bene comune e che se l’autorità fallisce questa missione perde non soltanto il diritto di comandare, ma la ragion d’essere.”
Ciò detto, va rilevato un fatto inquietante: l’umanità non riesce a vivere senza il disumano che domina l’umano. Essa ha permesso da sempre di essere governata da «principi disumani», altrimenti oggi non ci troveremmo di fronte all’arroganza economica della Cina; agli USA incapaci di ‘esportare’ paciosamente la democrazia; all´assurda guerra in Ucraina; ai belluini orrori di Kfar Aza e dell´ospedale Al-Alhi di Gaza, alle paradossali pressioni psicologiche su Taiwan da parte della Cina; al fenomeno migratorio selvaggio in Europa e negli USA; e, non ultimi, agli operettistici colpi di Stato nella martoriata Africa, ad ogni cambio di stagione.
E che dire poi, rimanendo dentro i confini nazionali, del mal vezzo di mischiare il “sacro col profano”: il recente caso Meloni-Gianbruno docet; il crocefisso che sparisce dalle aule delle scuole italiane è preoccupante; e il Natale che si chiamerà Festa d’inverno è rivoltante. Siamo ormai al «fuori onda»… cerebrale. O tempora, o mores! Parrebbe che il futuro ci riservi una scorreria massificata della barbarie sull’humanitas: Babilonia che prevale su Gerusalemme. Poveri noi!
Tutto ciò porta a credere che dovremo, inevitabilmente, affidarci nuovamente al disumano, all’inumano, al sovrumano o che dir si voglia. Stavolta, però, non appartenente al genere Homo, elemento provatamente poco raccomandabile e caparbiamente incapace, ma al genere macchina, per far ristabilire l’ordine naturale delle cose e magariddìo le logiche della natura, nonché l’equilibrio che regola l’uomo e l’universo.
Non a caso, il filosofo Lucrezio, profondo conoscitore dell’animo umano, crede nel progresso tecnologico, ma nutre forti e seri dubbi su quello morale dell’uomo. E per ciò, torniamo a prendere in considerazione la «macchina» e quando di essa parliamo ci riferiamo all’Intelligenza Artificiale: questo è ovvio!
Come abbiamo chiarito di recente, l’IA è una disciplina dibattuta tra cultori di scienza e filosofia, dal momento che rappresenta aspetti morali oltre che teorici e pratici. Essa viene considerata dagli studiosi come una concreta minaccia per la sopravvivenza dell’umanità, tant’è che già nel 2014 Stephen Hawking ha lanciato un grido di allarme per i pericoli insiti in essa. Ciò stante, allo stato delle cose, essa rappresenta più rischi che vantaggi, per cui sarebbe cosa buona e giusta utilizzare convenientemente questi ultimi e controllare i primi, anche se è facile a dirsi e difficile a farsi.
Notoriamente, i rischi dell’IA riguardano: la privacy e sicurezza dei dati; l’automazione industriale e bellica, cioè a dire la robotizzazione dell’industria e la conseguente diminuzione dei posti di lavoro, nonché la realizzazione di armi sempre più sofisticate e operanti anche senza controllo umano, con le prevedibili conseguenze che ne derivano; le scelte pregiudizievoli, nel caso in cui i dati di input siano influenzati da pregiudizi umani o da interventi di cracker (pirati informatici); e la super intelligenza informatica, ovvero la realizzazione di macchine capaci di raggiungere obiettivi indecifrabili o, peggio ancora, ingovernabili da parte dell’uomo.
L’intelligenza artificiale che non obbedisce all’uomo e che contro gli si rivolta è frequente scenario di fantascienza. Molti ricorderanno HAL 9000, il supercomputer di bordo della nave spaziale Discovery nel film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Bene, oggi, come si suol dire, la realtà supera la fantasia: gli scienziati ammettono che una super intelligenza informatica, verosimilmente, può sfuggire di controllo, in quanto matematicamente non è possibile capire i limiti degli algoritmi e come essi potrebbero agire nel risolvere un dato problema, dal momento che sono in grado di far ricorso a miliardi di possibili soluzioni.
Secondo il dott. Manuel Cebrian, leader del gruppo di ricerca per lo sviluppo umano Max Planck di Berlino, esistono già macchine che eseguono determinati programmi che risolvono problemi ad alti livelli di difficoltà in modo autonomo, senza che gli scienziati informatici si rendano conto di come esse ci riescano. Ed è qui che c’è da preoccuparsi seriamente.
Guai se così non fosse! Infatti, nella risoluzione del Parlamento Europeo del 20 gennaio 2021 sull’intelligenza artificiale, si chiede una legge cornice comunitaria che contenga i princìpi fondamentali relativi all’ordinamento della stessa con definizioni e principi etici inerenti al suo impiego non solo nel campo civile, ma anche in quello militare. Si richiede ancora agli Stati membri la garanzia che le attività realizzate attraverso l’IA siano ad esclusivo beneficio dell’umanità e del bene comune, tant’è che, recentemente, in data 14 giugno 2023, è stato dato il via libera all’Artificial Intelligence Act, che regolerà l’Intelligenza Artificiale nel rispetto dei diritti e dei valori dell’Unione Europea.
È fuor di dubbio che per tentare di tenere sotto controllo i rischi dell’IA e per garantire la sicurezza e la libertà delle persone sia doveroso regolamentare la materia affinché ci sia un uso responsabile della stessa, sempre augurandoci che anche gli altri (Paesi) facciano la stessa cosa, e che la situazione non scappi di mano a nessuno, altrimenti… la paura del futuro… sarà il nostro incubo!
Disumanità della guerra
«Purtroppo l’intelligenza umana viene balordamente impiegata per distruggere anziché edificare una società più umana e giusta». È così che Lucrezio denuncia nel “De rerum natura” la brutalità della guerra condotta con armi sempre più distruttive di vite umane. Tutto il mondo è in guerra perenne e non ci rendiamo conto. Stiamo combattendo la III Guerra Mondiale ‘frazionata’, per dirla con un termine del Papa. Infatti, oltre alle guerre note e sopra menzionate, esistono le guerre economiche e commerciali; le guerre religiose; le guerre ideologiche; le guerre tecnologiche; le guerre psicologiche e chi più ne ha più ne metta. In sostanza, ci siamo dimenticati del significato della parola ‘pace‘, archiviandola per sempre come un amuleto oramai obsoleto della nostra storia.
La comunità internazionale dovrebbe sancire due principi fondamentale per il bene universale: l’uguaglianza e l’ordine fra gli uomini. In altre parole, è così che si arriva alla tranquillità nell’ordine, quella «tranquillitas ordinis», che è la definizione che S. Agostino dà della pace, di un ordinamento di pace.
Ebbene? A questo punto sorge il grande dubbio: saremo infine capaci di affrancarci dalla brama di ricchezza e di potere, oltre che da un incessante progredire della tecnologia troppo spesso messa al servizio del crimine dei crimini, alias dello sterminio di massa, anziché del bene comune?
Se non ce la faremo, a chi affidarci? Tra i due mali (l’uomo e la macchina) si scelga il «giusto mezzo» aristotelico: chissà che la tanto temuta IA, sapientemente “addomesticata” dall’intervento di coscienziosi ed esperti scienziati non possa sopperire alla stoltezza umana di leopardiana memoria! È pur sempre un rischio, è vero, ma, data la posta in gioco, può valere la pena correrlo. Eppoi «tertium non datur», ovvero, allo stato delle conoscenze, non esiste purtroppo altra possibilità! Tant´è.
Giuseppe Arnò