Sulmona, 26 novembre – Capita di restare soli in una casa che già è dimora della solitudine, ed è in quel frangente, che si dovrebbe, come tentativo ultimo, invertire la rotta puntando alla condivisione. Momenti, mesi o anni in cui la correità di un ambito famigliare, di un cerchio di amicizie o di un tessuto sociale, efficiente e presente, dovrebbero fare la loro comparsa.
Spesso accade che, quando il sipario decide di aprirsi gli attori siano ancora nei camerini per errori di comunicazione, ed è lì che la programmazione va a monte ed è complicato ripristinarla. Soprattutto perché il pubblico non vedrà corrisposte le aspettative.
Le voci che Paolo Crepet diffonde nelle pagine di Solitudini sono tante lame, tutte vittime di una vita che anziché renderle lucide, affilate ed efficienti, le ha stagliate rendendole poco atte alla funzione o per meglio dire, all’espressione per cui sono state coniate.
Ascoltando, perché stando al volume del narrato i padiglioni auricolari sono coinvolti a pieno titolo, non si può prescindere dallo sviscerare cosa si è divenuti e cosa sia motivo di richiamo. Il bel vedere, il bel sentire lo identifichiamo in ciò che fa tendenza o in ciò che è macabro, tutto per tempi determinati, perché ci si annoia presto e si attende con trepidazione la nuova frivolezza a cui dare peso o il nuovo scempio a cui prestare attenzione.
L’assenza o l’egoismo dei contesti famigliari sono talmente diffusi da divenire, quasi, requisito essenziale, di conseguenza ci si adopera per essere a norma. Genitori che errano senza ritegno…
…anche nella seduzione preferiva la latitanza, nemmeno il suo sfrenato amore di sé riusciva a renderlo presente se non a sé stesso…
Tanto freddo e tanta assenza generano carestia di felicità, pertanto si accende il motore dell’immobilismo, del non fare, del non desiderare, compromettendo il decollo. Le stasi creano spazi dove tutto si può conficcare e ramificarsi, portando a inevitabili contaminazioni.
Ricorrente il ruolo dell’indifferenza nei rapporti, fatta emergere mediante la voce di protagonisti differenti per età, per sesso e per provenienza sociale…
…avevo capito che, perché Marco mi potesse essere totalmente indifferente, doveva diventare mio marito…
Crepet, con il categorico talento di cui si compone declina in Solitudini, il ricorre a dipendenze sbagliate, pur di scampare alla crescita vera o all’assunzione di responsabilità.
Al lettore, l’autore, garantisce un accesso guidato nella vita di altri e lo fa per voce dei suoi stessi pazienti, quindi l’analisi è diretta, cristallina e ineccepibile. Chi più dei diretti interessati può rilevare che la scuola, spesso, giudica e non ascolta? O che per mancanza di coraggio si resta insieme danneggiando sé stessi e tutti quelli che gravitano nelle prossimità?
Tanto le solitudini sono proliferate, da indurre ad ipotizzare che siano seguite da un addetto marketing quotato, che si finisce per raccontarsi a sconosciuti e anziché agli affetti.
Che poi le occasioni non mancano è sotto gli occhi di tutti, basta fare l’autostop per avere un passaggio, predisporsi e meritare diventano componenti essenziali…
…penso che ognuno ha il destino che si merita…forse noi stasera ci siamo meritati di incontrarci…
Smarrire lo spessore dei ruoli impoverisce ed espone. I nonni, ad esempio, sono l’innesto per i sogni, per il tentativo, per l’ambizione, evitano che le soffitte vengano dismesse come rimesse e diventino rifugi o nascondigli di anime perturbate.
Paolo Crepet, in Solitudini sceglie, con minuzia certosina quali esperienze professionali portare in questa “sala operatoria” che è orientata a trapiantare coraggio, indipendenza, sogno e tentativo. Anche trovare il coraggio di scrivere una lettera ad una mamma e rimproverarle le assenze, le imposizioni o le vigliaccherie è terapeutico, verosimilmente opportunità.
L’adulto che non affronta trasmette e, purtroppo trasmette male e su frequenze sbagliate…
…adesso ho capito che la tua ansia non aveva il senso dell’affetto: la mia inquietudine ti inquietava solo perché non la sapevi controllare…
Una delle voci evidenziate da Crepet, addirittura, rivela che è stata condotta ad amare la tensione, e che proprio come per le emozioni di qualità, ne ha avvertito l’assenza quando scarseggiava.
Altre tentano di capire se il suicidio, a volte, può essere un atto di egoismo. Talune reclamano il diritto alla fragilità e tutto sta armonicamente insieme, forse perché è proprio l’insieme che al mondo manca. Da ciò torna il desiderio di tornare bimba, accusando il peso di essere divenuta donna, mamma, moglie, insomma l’elenco delle memorie di assenze è ampio, diversificato e oggettivo, proprio come le tante voci narranti a cui Paolo Crepet ha, a fine di stimolo alla condivisione e all’intesa, affidato di comporre Solitudini.
I racconti, le testimonianze, orali o scritte che siano restano le giacenze da cui attingere, tutto fattibile senza scrupolo di indurre ad esaurimento scorte, sia perché l’agire umano è fecondo in tal senso e sia perché solo divenendo commensali dello stesso tavolo si ha l’opportunità di beneficiare delle pietanze atte al nutrimento dell’animo e quindi alla cura della società.
Grazie a Paolo Crepet e alla disponibilità dei i suoi pazienti a farsi strumento e mezzo.
Cesira Donatelli
SOLITUDINI–memorie di assenze di Paolo Crepet
(Editore Feltrinelli)