Sulmona, 13 luglio – Dare vita ad una grande e diffusa mobilitazione per contrastare l’autonomia differenziata, con l’avvio immediato della raccolta firme per la promozione del referendum abrogativo della legge. Questi gli obiettivi del coordinamento “No autonomia differenziata”, che si è costituito ieri anche in Abruzzo.
L’iniziativa si è svolta nella sede regionale della Cgil Abruzzo Molise, a Pescara. Erano presenti rappresentanti di Cgil, Uil, Ali, Anpi, Arci, Cdc, Demos, Pass, Avs, Iv, M5s, Pd, Psi. C’era, tra gli altri, il consigliere regionale Luciano D’Amico.
A livello nazionale, nei giorni scorsi è stato depositato il quesito referendario e nei prossimi giorni partirà la raccolta delle firme. I proponenti sono stati Cgil, Uil, Ali, Demos, Anpi, Arci, Acli, Udu, Uds, Cdc, Wwf, Cnca, Legambiente, Libera, la Rete dei numeri pari e diversi giuristi. Per i partiti politici hanno aderito Pd, M5, Avs, +Europa, Iv, Rifondazione Comunista e Psi.
La legge sull’autonomia differenziata dà la possibilità di riconoscere livelli diversi di autonomia alle Regioni italiane. Le materie nelle quali gli enti regionali potranno chiedere un livello di autonomia differenziata rispetto alle altre sono ben 23. Tra queste spiccano la tutela della salute, l’istruzione, lo sport, l’ambiente, l’energia, i trasporti, la cultura e il commercio estero.
“La Legge approvata dal Parlamento – affermano i promotori del coordinamento – lede i diritti delle cittadine e dei cittadini, compromette l’unità del Paese e creerà danni allo sviluppo sociale ed economico dell’Italia. Per tali motivi, il coordinamento regionale istituito chiama alla mobilitazione i cittadini abruzzesi contro la legge e auspica che si formi un movimento sempre più ampio per sensibilizzare le persone e per raccogliere le firme necessarie per il referendum finalizzato all’abrogazione della legge Calderoli”.
“L’autonomia differenziata – aggiungono – incrementerà il divario tra le regioni nell’erogazione dei servizi, danneggiando l’Abruzzo e, più in generale, i territori del Mezzogiorno. Tra l’altro, uno spacchettamento dell’Italia non gioverà nel lungo termine neanche alle regioni del Nord. Con questa legge – concludono – sono a rischio il diritto alla sanità pubblica, all’istruzione, alla salvaguardia dell’ambiente, alla sicurezza sul lavoro, alla possibilità stessa di promuovere nuove politiche industriali e di sviluppo capaci di creare lavoro stabile e di qualità”.
“Tra gli effetti collaterali dell’Autonomia differenziata potrebbe esserci un impatto diverso per uomini e donne. Le riforme del governo Meloni non solo rischiano di esasperare le fragilità esistenti nelle aree critiche tra Nord e Sud e tra centro e periferia, ma accentuare pure le disuguaglianze di genere. Tra le più colpite potrebbero essere proprio le donne, che già scontano su di sé la sperequazione di potere dovuta alla società patriarcale. E tra le donne, le più colpite saranno quelle del Sud, che già ora sono meno occupate e godono di meno servizi perché in realtà – concludono – non esistono Lep che corrispondono alle esigenze delle donne”.