di Mario Pizzola *

Sulmona, 28 febbraio -L’ambiente e la sua cura è da decenni il grande assente della politica cittadina. Eppure, è proprio grazie ad un ambiente ben tutelato che è possibile garantire una qualità della vita decente alla nostra comunità. Questa assenza è ancora più sorprendente se si pensa che Sulmona è il baricentro del sistema dei Parchi della Regione Abruzzo. Ed è ancor meno giustificabile se teniamo conto che l’ambiente è collegato a tanti altri fondamentali settori: la nostra salute e la salute del pianeta, il cibo che mangiamo, l’energia che consumiamo, l’assetto delle nostre città, l’uso del territorio, la nostra storia e la nostra cultura. Anche a giudicare dalle prime dichiarazioni dei candidati a Sindaco per la prossima tornata elettorale emerge che cercare un qualche riferimento alle tematiche ambientali è una fatica inutile perché non ce n’è traccia.
Senza andare troppo lontano ci si può fermare ai primi anni Novanta del secolo scorso quando fu istituito il Parco nazionale della Maiella. L’iniziale perimetrazione proposta dal governo nazionale prevedeva che il confine del Parco fosse delimitato dalla strada provinciale morronese, inglobando quindi l’intero monte Morrone. Ma i pubblici amministratori di allora fecero ferro e fuoco contro questa perimetrazione diffondendo false informazioni secondo cui tutte le attività della fascia pedemontana sarebbero state “ingessate” dalla presenza del Parco e, con il sostegno del presidente della Regione, riuscirono nel loro intento facendo spostare il confine a metà montagna. Fu solo grazie all’insistenza di due consiglieri comunali dell’epoca, Giorgio Di Benedetto e chi scrive queste note, che si ottenne di reinserire nel perimetro almeno l’Abbazia Celestiniana, oggi sede del Parco nazionale.
Con la scomparsa dell’ACE (Adriatica Componenti Elettronici) e il progressivo declino della FIAT le uniche attività industriali di un certo rilievo che hanno bussato alle porte del nostro territorio sono state quelle altamente inquinanti. Ricordiamo l’inceneritore per rifiuti ospedalieri “la Coccinella” che, con il beneplacito dell’allora dirigenza del Nucleo Industriale, aveva giù ottenuto l’autorizzazione per insediarsi a Santa Rufina. Fu solo la tenace opposizione di un gruppo di cittadini che, nel silenzio pressoché generale della politica, ne impedì la realizzazione. Poi venne Toto, con la sua mega cava e il suo cementificio, da collocare proprio a Case Pente, nella stessa zona scelta dalla Snam. Il progetto di Toto venne accolto a braccia aperte dall’amministrazione comunale del tempo (siamo nel 2009, sindaco Federico) ma fu solennemente bocciato dalla mobilitazione dei cittadini nel corso di una affollata assemblea pubblica a palazzo San Francesco.
Il Cogesa è la storia esemplare di un impianto che, nato inizialmente per servire un comprensorio ben definito, si è ingigantito man mano come un carcinoma, arrivando a comprendere ben 65 Comuni. Nel tempo la finalità di servizio alla comunità è stata sostituita totalmente dalla logica aziendalistica e di mercato, con l’aggravante di una gestione connotata da uno spinto clientelismo. Un sistema così distorto non poteva che produrre inquinamento ambientale e disastro economico. E non poteva che partorire nuove produzioni e attività inquinanti come Il CSS (combustibile da rifiuti) destinato ad inceneritori e cementifici, o la Get-Energy, presentato come un impianto per energia “pulita” ma che non è altro che un inceneritore mascherato. Così, a causa di questa dissennata gestione dei rifiuti, Sulmona è diventata una delle maggiori discariche d’Abruzzo e, qualora si decidesse di realizzare un inceneritore regionale, la nostra città verrebbe individuata come la candidata naturale. E la politica? Sono bastate poche settimane di lavoro di Gerardini per scoprire quello che una opposizione narcotizzata non ha visto, o non ha voluto vedere, per anni.
La questione Snam meriterebbe un discorso a parte, ma si può riassumere in poche parole. E’ il “capolavoro” della inettitudine della nostra classe politica ed è il paradigma di una serie di disastri, non solo ambientali, da essa colpevolmente favoriti. Senza battere ciglio si è lasciato che una entità “aliena”, per pure finalità di profitto, invadesse il nostro territorio come se ne fosse il padrone, per insediarvi la sua inutile e nociva centrale. Vantaggi economici ed occupazionali? Nessuno. Per contro avremo: scomparsa di una grande area verde, con centinaia di alberi di ulivo e da frutta eliminati, e sua trasformazione in un secondo nucleo industriale per attività altamente impattanti; inquinamento dell’aria e peggioramento dello stato di salute dei cittadini residenti nella Conca Peligna; sottrazione di uno spazio vitale per l’Orso bruno marsicano, simbolo dell’Abruzzo e specie ad altissimo rischio di estinzione; aumento dei rischi per l’incolumità pubblica a causa di un impianto, già di per sé pericoloso, in un territorio ad elevato rischio sismico; distruzioni delle nostre radici attraverso la cancellazione delle tracce di un villaggio di 4.200 anni fa: un vero e proprio crimine storico e culturale, compiuto da governo e Snam con il silenzio complice dei nostri rappresentanti politici.
L’inquinamento della centrale Snam si sommerà a quello già in essere della turbogas della Metaenergia, insediatasi nel Nucleo Industriale senza che né l’amministrazione Di Piero né quella precedente della Casini muovessero un solo dito. La cura del verde pubblico è un altro capitolo amaro. L’assessore uscente, che aveva l’ambizione di piantare 20.000 alberi, uno per ogni abitante, ha lasciato una città in cui si sono viste all’opera solo le motoseghe. Per fermare lo scempio della villa comunale è dovuta intervenire la Magistratura; in piazza Garibaldi, invece, l’”arboricidio” è stato portato a termine nonostante che il tecnico incaricato avesse previsto solo il controllo periodico degli alberi tagliati. Sulmona era e resta senza un ufficio che si occupi della cura del verde, senza un censimento del proprio patrimonio arboreo e senza né un piano né un regolamento del verde pubblico.
Il territorio è stato abbandonato alla mercè degli interessi privati. Resterà negli annali l’incredibile vicenda di via Tratturo dove, in un’area classificata dal vigente Piano Regolatore come “parco urbano e territoriale”, al posto di una baracca abusiva è spuntata come per magia un edificio residenziale privato, per di più pagato con il denaro pubblico. E mentre da palazzo San Francesco giuravano che tutto era in regola, sono stati necessari i sigilli della Magistratura per cercare di ripristinare il rispetto della legalità.
Ma Sulmona almeno un primato ce l’ha? Si, uno. E’ la città che in Abruzzo ha il più alto consumo di suolo, come ha certificato l’ultimo rapporto Ispra. Resta una sola domanda: vorrà e saprà il nuovo Sindaco invertire la rotta dei suoi predecessori che, nel campo della tutela dell’ambiente e del territorio, hanno collezionato solo fallimen
*(Coordinamento Per il clima Fuori dal fossile – Sulmona)