Bugnara, 1 agosto Altra giornata all’insegna dell’arte a Bugnara per l’inaugurazione della mostra “Donne, contadine e mamme” in ricordo dello stimato artista Italo Picini, nato nel 1920 nella suggestiva San Giuseppe, frazione del borgo della Valle del Sagittario.
La cerimonia di presentazione, coordinata dalla curatrice della mostra Luisana Liberatore, ha avuto luogo presso la Piazzetta Palazzo ed ha ospitato personalità di spessore come la giornalista e pittrice Latifa Benharara, il professore Fernando Fiore, la Dottoressa Astrid D’Eramo e Marianna Nolfi, organizzatrice delle mostre romantica 2022.
Presenti anche il sindaco di Bugnara, Giuseppe Lo Stracco, il quale ha esordito rivelando l’intenzione dell’amministrazione comunale ad intitolare una strada in memoria dell’artista.
Al maestro Italo Picini va riconosciuto il merito di aver esportato il nome di Bugnara fuori i confini abruzzesi, insignendo il borgo di un immenso onore.
“Italo Picini prende ispirazione da quella che è la sua natura emotiva. Racconta in particolare modo la storia delle donne. La sua è una tecnica che ricorda molto quella adottata dagli impressionisti: pennellate vivaci e veloci che ricordano anche i ritmi della terra, del fieno, del tempo e delle stagioni. – ha spiegato Latifa Benharara e continua – ritroviamo scene con donne, mamme con il bambino tra le braccia, simbolo di sacralità. Ci stiamo riferendo ad un’epoca, quella degli anni 60, in cui la donna acquista una centralità nel mondo del lavoro. Picini è stato uno dei pochi, dal punto di vista nazionale e internazionale, che ha saputo fermare il tempo nella sua gioventù immortalando quella che è stata la sua vita in Abruzzo, quella vita che oggi, purtroppo stiamo perdendo nell’accezione di tradizione”.
“Picini è stato definito l’uomo dalle molte novità – ha sostenuto Fernando Fiore – ed in effetti è sempre attuale. Attuale perché la donna è alla base di ogni cosa, è colei che genera, che dà la vita, alla quale ogni tradizione può essere ricondotta. L’artista riprende la tradizione per spiegare le forme dell’uomo nella civiltà. La donna è la prima che caratterizza le scelte dell’uomo, è il faro. Ripartire dalla forma assurge ad una condotta attenta al discorso civico. Le opere del Picini rappresentano la dignità sociale”.
A seguire, l’intervento della Dottoressa Astrid D’Eramo:” Italo Picini rappresenta delle donne che indossano delle gonne; in queste opere la donna è autentica e si rivela per come è davvero. Durante il periodo successo agli eventi bellici si è aperta una piccola parentesi dedicata alle donne: neorealismo rosa. Hanno cavalcato l’onda della crisi per redimersi e ottenere dei diritti. La donna ora, ha iniziato ad indossare i pantaloni, si è fatta uomo per sentirsi al pari degli uomini. Le donne di Italo Picini sono coloro che con le gonne hanno ricostruito l’Italia”.
A conclusione dell’evento carico di spunti di riflessione, vi è stata la testimonianza diretta del nipote dell’artista, Marco Picini, promotore della mostra. “Io ho fortemente voluto la presenza dei ragazzi nel merito dell’organizzazione dell’evento con l’intento di valorizzare i giovani. Ringrazio coloro che hanno studiato in questi mesi l’opera e la figura di Italo Picini. Per me è un onore organizzare questa mostra, il mio è un impegno costante in nome di mio zio” conclude così Marco Picini aggiungendo delle novità per il pubblico: un sito internet nutrito di documentazione da consultare, una mostra a Sulmona nel primo autunno e, buona nuova, l’istituzione, in autunno, di una fondazione internazionale dedicata alla figura di Italo Picini.
Bugnara ha assistito al taglio del nastro della mostra con grande emozione. All’interno del locale vi è un vero nido di rondine affiancato da una frase rivelatrice: “Ogni madre è nido e orizzonte”. La forza delle parole accostata alla forza della natura, rappresentata dal nido creato da una mamma rondine. Un messaggio che colpisce e risveglia la coscienze dal torpore causato dal concetto del dare per scontato. La forza delle donne ha permesso di superare crisi di ogni sorta senza il minimo indugio, a denti stretti e pugni chiusi, con le braccia occupate dalla maternità e dal lavoro. Braccia che non cedono e che portano lontano, anche quando perdono di fisicità, restano ben salde nell’anima senza lasciare mai la presa nella scalata della vita.
Chiara Del Signore